Professione flâneuse

 

Fotografo e cammino.
Le facciate barocche offrono al sole finestre sonnolente. Si aprono persiane e gerani.
Procedo verso piazza Garibaldi, lato ombra. Canzoni, profumo di caffè. Davanti a me una donna avanza stanca; a ogni traversa appoggia la borsa per terra, la lama di sole che viene dai borghi accende il lino rosso del vestito. È giovane, ha fianchi larghi e armoniosi, sembra felice. Mario, all’edicola, sistema i giornali e saluta.
La strada pian piano si allarga, si affolla. Isola pedonale. Passa un taxi, lo segue a ruota il 2 che va a Barriera. Ragazze in minigonna, gambe abbronzate e nervose. Stivali. Due uomini fermi sulla soglia di un bar le guardano spudoratamente.
Non ci sono tavolini fuori, solo trespoli dove appoggiare i bicchieri e fingere di essere alla moda. Gente che passa, coppie che si tengono per mano e quelle che lui le dice Sei sempre così acida.
Raccolgo voci e profumi. Svolto per via Farini, da Feltrinelli ora si può comprare la pasta e anche il sugo… Lì di fronte è scomparsa la vetrina della Casa della penna e anche la macchia di colori del fiorista.
Fotografo e cammino.
Estate, niente scuola. Non ci sono bambini in giro, l’ha detto anche il telegiornale: che stiano a casa. I vecchi invece vadano al supermercato.
Da Borgo Giacomo sbuca una donna: anni tanti, capelli bianchissimi e rossetto corallo.
Porta un vestito a fiori con la gonna a godet, che ondeggia mentre cammina trascinando un carrellino per la spesa. Poi un uomo, vecchio anche lui. Sguardo fisso nel vuoto, carrozzina spinta da una badante bionda e grassa che parla al cellulare.
Fotografo e cammino…

La badante no, non la voglio. Comprerò invece la gonna a godet e il carrellino. Lo cercherò coi brillantini. Farò tutta via Repubblica fino alla fontana, fermandomi a guardare a ogni angolo. Come una vecchia flâneuse.

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