Quant’altro, non ti sopporto

 

Quant’altro non lo sopporto.

Già sono sempre stato infastidito da eccetera e e così via, espressioni che implicavano da parte mia uno sforzo mentale per immaginare cosa diavolo ci fosse dopo; ma quant’altro lo trovo pure brutto, quasi odioso.

Quant’altro cosa? D’accordo, lo si dovrebbe evincere dal contesto, ma ne siamo poi sicuri?

«Mangeremo antipasti, tagliolini allo scoglio, grigliatina e quant’altro». Cosa? Un frittino? Cozze alla tarantina? Il sorbetto? E dimmelo, accidenti! Così so se portarmi dietro o no la Citrosodina.

«Abbiamo realizzato nuovi collegamenti stradali, risanato il bilancio della municipalizzata, sistemato le aiuole e quant’altro». Cosa? Hai promosso la cultura, o messo in sicurezza le scuole?

O magari sei andato in vacanza con i nostri soldi, o hai mollato tre appalti in cambio di mazzette? Quant’altro è tutto e il suo contrario, è il via libera alla fantasia di chi ascolta; che però, abbastanza spesso, è malata o assente.

Perché quant’altro potrebbe in fondo sottintendere tutto: un insulto, una carezza verbale, un tegame, o anche il Verdone Mangiasassi, mitico mostro che vive al centro della Terra e si nutre di pietre, protagonista di una barzellettina per bambini in voga nei miei anni, per l’appunto, verdi.

Quindi, per favore, non pronunciate più quell’espressione: che la vostra frase sia esauriente, completa, compiuta.

So che ci si aspettava che io finissi con «esauriente, completa, compiuta e quant’altro». Invece no, perché non sono persona scontata. Io sono a prezzo pieno. 

 

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