Alla fine di maggio di questo 2012 il Presidente della Repubblica si è recato a Portella della Ginestra per ricordare la prima strage di stato italiana. La strage del primo maggio 1947, quando Salvatore Giuliano ordinò di sparare sulla folla che, con le bandiere rosse, si era riunita intorno al sasso Barbato. La conta del massacro fu di undici morti e ventisette feriti.
Perché il bandito Giuliano aveva deciso di ammazzare in quel giorno di festa? Quale interesse poteva avere di mettersi contro la gente che lo proteggeva? Chi c’era oltre il bandito? E chi, veramente, aveva interesse a spaventare i contadini che si rivoltavano contro la miseria? Domande che non avranno risposta. La prima strage sarà anche il primo mistero italiano: uno dopo l’altro moriranno in modo poco chiaro lo stesso Salvatore Giuliano e tutti quelli che avrebbero potuto parlare e fare luce sui mandanti. E ancora oggi, incredibilmente, permane il segreto di stato su quella e sulle altre stragi.
Da questo episodio cruciale per la storia della nostra Prima Repubblica si sviluppa il romanzo di Maria Rosa Cutrufelli I bambini della ginestra, dove i fatti storici si incrociano con la vita di due bambini. Lillo, figlio di una delle undici vittime, Enza che vede gli uomini che hanno sparato. Due bambini che subiscono un danno: lei che rimarrà spaventata dalla vita, lui che seguirà da vittima il lunghissimo processo e la sua mancata giustizia e verità.
Un danno che da quel 1° maggio del 1947 li seguirà fino a quando non saranno finalmente in grado di raccontarsi e di rivivere tutti quegli anni. Racconto epistolare che i due, ormai adulti si faranno finalmente nel 1972, quando la storia vera consegna al pubblico la Relazione sui rapporti tra mafia e banditismo in Sicilia della Commissione parlamentare antimafia. In mezzo a quelle due date c’è il silenzio e l’occultamento della verità da parte dello Stato, in mezzo c’è la vita grama delle vittime, in mezzo c’è il nostro paese considerato terra di confine della guerra fredda tra gli Usa e l’Urss, in mezzo c’è l’insieme degli “sforzi per sollevare coperchi e strappare veli” di chi non ha accettato il ruolo di vittima.
Il romanzo, pur raccontando una dolente storia, mantiene una promessa di speranza. I due giovani riusciranno a vivere i loro sentimenti bloccati, perché Lillo, ormai da professore di storia qual è diventato, saprà che non c’è solo la verità processuale, ma quella storica che può rimettere al loro posto i fatti e le passioni. Un romanzo di bellissima scrittura, dove la lingua di lei e quella di lui riescono a distinguersi. Un romanzo dove si ricorda che Portella della Ginestra non deve far pensare solo alla sconfitta, ma anche alla forza di uomini come Nicola Barbato che pur essendo un medico lottò per la dignità, il lavoro e la democrazia del popolo basso. E che, proprio alla Ginestra, sul sasso che oggi prende il suo nome, grida forte la sua filosofia di un mondo dove ognuno dovrà avere “oltre al pane, il sole, l’aria, la libertà e l’amore!”
Maria Rosa Cutrufelli,I Bambini della ginestra, Frassinelli, 2012.