Sei arrivato. Sei qui. Adesso respiro, scorro.
Non raccontarmi, non mi interessa. Continua a spingermi finché non arriviamo e cadiamo sul letto. Non farmi parlare; voglio non sentirmi. Stancano anche me questi pensieri così precisi, capillari, no, frattali, tutti giusti, estenuanti.
E poi non ho più bisogno di vedermi radiografata.
Innamorati di me come ti innamoreresti di una stupida: perché ho labbra belle, perché ti piace come il collo si attacca alla testa o come mi cade un ciuffo. Perché ti piace la mia voce, o come chiedo le cose anche quando sono pesante. Perché ti piace una certa mia maglietta, o sentire il ruvido dei miei talloni dietro alle cosce. Distraiti mentre parli, perché mi guardi o mi tocchi e improvvisamente ti trovi scollegato.
Continua a non sapere come sono fatta e a prenderti quello che sono, come prenderesti una cosa che vuoi.
Non provare a capirmi, non ce la faresti. Anche io non ti capisco.
Continua a volermi, perché l’unica cosa a cui io riesco a pensare quando sei qui