Nelle elezioni per il Presidente della Repubblica i singoli scrutini, prima di quello decisivo, possono essere equiparati ai “traguardi volanti” nel ciclismo. Nel Giro d’Italia si assegna a chi ne taglia di più una maglia speciale, di color fucsia.
1962, si deve scegliere il quarto Presidente. Il candidato della Dc è Antonio Segni, nel quale si riconosce l’area più conservatrice del partito. Il segretario Moro, che a quell’area non appartiene, lo sostiene con la massima determinazione; secondo la sua visione, Segni al Quirinale è il contrappeso necessario per indurre tutta la Dc ad avviare la coalizione di governo con i socialisti.
Non ci saranno colpi di scena, come sette anni prima, quando prevalse Gronchi; ci sarà, però un lungo e duro braccio di ferro. Ci vorranno ben nove scrutini per portare Segni dagli iniziali 333 voti ai 443 conclusivi, appena 15 in più del quorum richiesto. E’ il solo caso in cui il candidato ufficiale della Dc esce eletto; ed è anche il solo caso nel quale colui che parte in pole position riesce a tagliare il traguardo restando sempre in testa per tutto il percorso.
Fra i presidenti eletti, però, la maglia fucsia non appartiene a Segni, bensì, con netto vantaggio, a Giovanni Leone. Gli assicurano il primato non i due scrutini che lo videro in testa nel 1971, quando fu eletto alla ventitreesima chiama dei grandi elettori; bensì i 15 di sette anni prima, quando, al sedicesimo, dovette lasciare il passo.
Fra i vincitori della gara per il Colle nessun altro è stato primo in tanti scrutini come Leone e Segni. Ci sono anche altri che hanno raccolto il più alto numero di preferenze in molti scrutini; per esempio Amendola nel 1978 fu primo in 12 “traguardi volanti”, De Martino nel 1971 addirittura in 20. Si trattava, però, di personalità che non avevano chances per la vittoria finale; erano, come si diceva, “candidati di bandiera”: raccoglievano un numero di voti anche molto alto, ma tutti – a cominciare da loro – sapevano che non avevano possibilità di essere eletti.
Quando i detentori del pacchetto di maggioranza non riuscivano a raggiungere gli obiettivi che si proponevano, o quando non avevano le idee del tutto chiare, disperdevano i propri suffragi. Capitava allora che le “bandiere” orgogliosamente alzate dalle minoranze svettassero più alte o, perfino uniche. Nel 1964 il 18°, il 19° e il 20° scrutinio videro un testa a testa fra Nenni e Saragat. Faceva effetto sentire uno spoglio nel quale si alternavano quasi esclusivamente quei due nomi; una persona non molto informata avrebbe potuto pensare che in quel Parlamento fossero tutti socialisti. Al 21° si concluse; e fu Saragat.
Ai candidati “di bandiera” non si fa più ricorso. Perché non ci sono personalità adeguate? Perché nessuno è disponibile e fare quella parte? Rispondete voi. Certamente, oggi, quando si presentano scrutini non risolutivi, si preferisce la scheda bianca; vedi il secondo e terzo scrutinio tanto nel 2006 quanto nel 2013. Se è bianca la scheda, passi. La bandiera, NO.