Solo due sono stati eletti al primo scrutinio: Cossiga nel 1985 e Ciampi nel 1999; ovviamente, ambedue con un numero di voti superiore ai due terzi, obbligatori nelle prime tre votazioni. Nessuno è stato eletto al secondo o terzo scrutinio; a dimostrazione che se c’è un accordo largo il quorum è superato subito; se non c’è i due scrutini successivi sono inutili o servono solo a guadagnare (o perdere) tempo.
Al quarto scrutinio, come tutti sappiamo, la maggioranza richiesta scende alla metà più uno dei componenti il collegio elettorale. Eletti in questo scrutinio sono stati tre: Einaudi nel 1948, Gronchi nel 1955, Napolitano nel 2006. Einaudi e Gronchi si imposero dopo il fallimento dei candidati iniziali del partito di maggioranza che si acconciò, per il quarto scrutinio, a prender atto della situazione. Napolitano, invece, fu eletto da una maggioranza parlamentare che non tentò neppure di trovare accordi per raggiungere i due terzi e attese il quarto scrutinio. Segni (1962) uscì al nono scrutinio; ma partì come candidato ufficiale della Dc che lo votò dall’inizio fino a quando non raggiunse il quorum.
Le altre elezioni prima di quella del 2013, hanno visto il Parlamento impegnato per giorni e giorni con un alto numero di scrutini: quattro vere e proprie “maratone”. Il record è del 1971, che si concluse con la elezione di Leone al 23° scrutinio; appena due in meno (21) quelli dai quali, sette anni prima, era uscito Saragat. Sedici gli scrutini necessari nel 1978 e nel 1992 per eleggere, rispettivamente, Pertini e Scalfaro.
E arriviamo al 2013 e a oggi. E’ la prima volta che lo stesso Parlamento è chiamato a votare due volte per la elezione del Capo dello Stato. A causa dell’impedimento di Segni si è già votato per il Presidente a distanza di due anni (62-64); ma il Parlamento era stato rinnovato con il voto del 1963. Saprà adesso, lo stesso Parlamento, recitare due copioni diversi o dobbiamo aspettarci una replica?
Napolitano è stato (ri)eletto al sesto scrutinio. Dopo i 16 scrutini dell’ultima elezione della Prima Repubblica (Scalfaro 1992) gli scrutini necessari per eleggere il Presidente sono stati uno nel 1999, quattro nel 2006 e sei – che sembrarono una enormità – nel 2013. Se ne può concludere – penso – che andare oltre il quinto scrutinio risulti ormai un insostenibile segno di impotenza; le “maratone” non sono più praticabili.
Infine, una curiosità che non mi risulta sia stata ancora rilevata. Nel 2013 Marini ha ottenuto al primo scrutinio 521 voti, lontani dai due terzi richiesti, ma 17 più del quorum in vigore dal quarto scrutinio. Non ci sono precedenti di candidati che abbiano ottenuto, in un qualunque scrutinio, un numero di voti superiori alla maggioranza assoluta degli aventi diritto senza essere eletti. E’ un exploit probabilmente irripetibile, da ascrivere a chi aveva allora in mano il timone: l’ineffabile Pierluigi Bersani. Alcuni prevedono che potrebbe essere lui il prossimo inquilino del Quirinale. Fosse così, chapeau.