Redenta

Nasce Redenta dopo tre parti andati a male. I neonati nascono e poi muoiono. Anche Redenta, che non piange, non si muove, sembra andare incontro allo stesso destino. Invece, miracolosamente sopravvive. Ma è femmina e suo padre, rude uomo fascista vuole un maschio. Che non avrà mai: gliel’ha detto Zambutèn – una specie di stregone – all’Adalgisa. Avrai solo figlie e mettiti l’anima in pace. Redenta viene alla luce il 10 giugno 1924, il giorno del delitto Matteotti. Castrocaro è il luogo in cui i suoi genitori e sua nonna Fafina (la più intelligente di tutti) vivono, anzi campano a malapena, come tutti gli altri. Il paese, in provincia di Forlì, detto il “cittadone” perché si sa dove comincia ma non dove finisce, è infestato da devoti di Mussolini, che ha ha avuto proprio lì vicino, a Predappio, i suoi natali. La bambina cresce, si fa per dire, sempre strana, quasi muta: ma – l’hanno preconizzato in tanti – c’ha la “scarogna”, e infatti viene colpita dalla polio. Riesce però a cavarsela, nonostante la gamba “matta” che si trascina dietro. Nonna Fafina fa l’infermiera e si prende cura di un mucchio di ragazzini detti i “bastardi” perché nati da chissà chi. Tra questi c’è Bruno, magro, ossuto, capelli scuri che è il suo preferito e che primeggia tra gli altri. Bruno si affeziona a Redenta e lei lo segue in tutto, tranne che sul “Campanone” che domina il paese, per le troppe scale che le tocca fare. Il regime prende sempre più piede: guerre, violenze, sopraffazioni sui più deboli e sulle donne, vittime di abusi da parte di padri e mariti. Dopo averle detto che la vorrebbe come sua sposa, Bruno scompare, non si sa dove sia finito e se sia ancora vivo. I giorni si accavallano tutti uguali, altre due sorelle, allargano la famiglia, il padre sempre più assente e scontroso. Nuovi personaggi entrano in scena: il gerarca Vetro, così chiamato perché ha perso un occhio in guerra, uomo apparentemente severo ma empatico, di grande fascino; il comandante Diaz, capo dei locali partigiani, di cui si narrano le eroiche imprese ma che nessuno sa chi sia e la staffetta Iris, ragazza di grande coraggio e determinazione, una specie di alter-ego di Redenta, la cui esistenza sarà a lei indissolubilmente legata. “Giorni di vetro” è un romanzo lungo (450 pagine), le cui figure sono d’invenzione ma in cui i fatti storici sono veri: la scrittura è travolgente, compiuta, affascinante e ogni tanto si scioglie nel morbido dialetto emiliano-romagnolo. Redenta, e non è una frase fatta, ti resta dentro oltre la fine del libro. L’autrice è Nicoletta Verna, di Forlì, gia premiata per il precedente “Il valore affettivo“.

Nicoletta Verna – I giorni di vetro –  Einaudi 2024

 

2 commenti su “Redenta”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto