Ci siamo conosciuti nel 1960, nel Circolo Universitario Comunista di Roma Abbiamo fatto insieme tutte le lotte – universitarie e non – degli anni ’60, con l’Unione Goliardica Italiana e con la Federazione Giovanile Comunista Italiana, compreso il ’68.
Per i più, Nicolini è il geniale, scanzonato inesauribile inventore dell’estate romana; interprete di una generazione – la nostra – convinta che tutto si dovesse provare a fare e che molto si sarebbe riusciti a fare; che non ha mai perduto la fiducia negli altri e in sé stessi, né la disponibilità a pensare “altro” “diverso” da quel che è e sembra immutabile.
Questo sono state le sue estati romane: la dimostrazione che si può pensare una città diversa, una notte diversa, una cultura diversa; e far scoprire, anche alle persone, che sono diverse e migliori di quello che loro stesse credono.
Ha sempre avuto quel tic, da quando eravamo ragazzi. Di qualunque cosa si parlasse, molto seria o frivola, veniva fuori la sua risata, accompagnata da quella automatica “strizzata d’occhio” sulla parte sinistra del viso. Con il tempo, questo ammiccamento si è accentuato; all’inizio quasi impercettibile, scherzoso, è diventato via via più netto, inquietante. L’ultima volta che ci siamo incontrati, pochi mesi fa, era molto evidente; perfino aggressivo, mi è venuto da pensare. Forse era il tracciato visibile del suo rapporto con la vita. Per me, Renato è stato fratello: come Sergio, suo “compagno d’armi” ad Architettura e mio fratello di sangue; che lo ha preceduto otto anni fa.