Vorrei parlare un po’ della resistenza. Il nostro paese ha vissuto, ormai tanti anni fa, una fase decisiva della sua storia, che abbiamo imparato a conoscere attraverso i racconti dei padri e dei nonni. Fu un moto spontaneo del nostro popolo, uomini e donne lottarono uniti insieme, rischiarono; molti addirittura morirono per una causa comune che la Storia giudicò, in seguito, giusta senza riserve. Un riscatto nazionale, sulle cui basi fu possibile poggiare le fondamenta di una nuova fase, un ciclo democratico che, tra mille difficoltà, dura ancora oggi.
Quella resistenza si chiamò, quasi da subito, Resistenza. E giustamente, perché L’Italia, diciamolo, non si è mai distinta per il suo spirito reattivo o rivoluzionario. Perciò quella “R” maiuscola è un premio che ci siamo, una volta tanto, meritato.
Resta però un fatto. La resistenza, quella con la “r” minuscola, non è necessariamente un valore. Il vocabolario la definisce così: “Azione tendente a impedire l’efficacia di un’azione contraria” O anche: “Attitudine a contrastare efficacemente il prodursi di determinati effetti.”
E’ chiaro che la positività della resistenza, in termini di vantaggi unanimemente considerati tali, dipende dalle circostanze e dagli elementi che vengono a contrasto in ogni singolo caso.
Resistere a violenze inique, brutali, è senza dubbio da considerarsi un valore. Impedire invece il verificarsi di un’azione positiva non lo è.
Così, il giudizio si sposta fatalmente sulle valutazioni che rendono un avvenimento positivo o negativo per un singolo, un gruppo, un popolo intero. Il riferimento fondamentale, necessario a fare un po’ di ordinaria chiarezza ci sarebbe: la Legge. Ma anche questa è soggetta a cambiamenti nel tempo, non può certo essere considerata l’Assoluto. Definizione, notoriamente e da sempre, tra le più ostiche: l’Infinito? Il Soggetto? L’Idea? La Ragione ? lo Spirito? Dio?
La Storia può essere considerata un giudice accettabilmente imparziale, perché agisce a più voci, con il distacco generato dal tempo che passa e dall’attenuarsi delle tensioni emotive. Chi può dire a cuor leggero se, al tempo dell’assedio di Troia da parte dei Greci avessero ragione gli uni o gli altri contendenti?
Negli ultimi anni, però, mi sembra che l’azione del resistere abbia assunto, per motivi misteriosi, un valore a prescindere: “resisto dunque sono” è diventato per molti un motto sacro. A mio avviso invece strisciante, insinuante, subdolo.
Questo e solo questo tenevo a dire qui, oggi.