Il quadro lo conosciamo tutti: il ritratto di una bella donna bruna immersa in un mare dorato e d’oro sono il vestito, lo sfondo, il gioiello al collo tempestato di diamanti, i bracciali. Splendido. Lei ci guarda con occhi grandi scuri e pacati, le mani raccolte in un morbido movimento sono intrecciate davanti al seno, spostate un po’ a destra.
Gustav Klimt ha ritratto Adele Bloch Bauer giovanissima nel 1907 e il quadro, proprietà della famiglia della giovane, è rimasto a Vienna nel salotto di casa fino all’arrivo dei nazisti, dopo l’annessione dell’Austria al III Reich.
L’opera viene sottratta indebitamente alla famiglia Bloch Bauer, come molte altre opere d’arte e oggetti di valore razziati con la forza e la prepotenza dalle case degli ebrei. E anche Vienna conosce e accetta l’antisemitismo, aderendo di fatto alla brutalità. Migliaia di famiglie ebree smembrate, distrutte, deportate. Il quadro dopo la guerra viene esposto al Castello Belvedere e lì rimane per decenni fino a quando nel 1998 la nipote di Adele, Maria Altmann, anziana signora californiana, ritrovando le lettere della zia, decide di affidarsi a un giovane avvocato per rivendicare la proprietà della sua famiglia.
Ma rivolgersi alla commissione preposta a valutare l’eventuale restituzione delle numerose opere d’arte sottratte alle famiglie ebree significa per Maria tornare in Austria. Aveva giurato a se stessa di non mettere mai più piede nella sua città d’origine, da dove era fuggita col marito separandosi dai genitori. Questo viaggio quindi è anche un viaggio nel suo doloroso passato.
Oggi riappropriarsi di quanto le è dovuto significa mettere alle strette il governo austriaco con una lunga e non facile battaglia legale, che coinvolgerà anche la coscienza del suo giovane avvocato.
Tutto questo racconta il delicato film Woman in gold interpretato magnificamente da Helen Mirren, protagonista leggera e inarrestabile, in bilico tra volontà di ferro e gentilezza d’animo. Un film centrato su un fatto vero e che ricostruisce la vicenda puntando su due piani fondamentali: da una parte la difficoltà di Maria nel riaffrontare il passato, dall’altra l’aspetto politico. Che senso avrebbe, se non quello meramente economico, ottenere solo il riconoscimento della proprietà, senza l’ammissione delle colpe di un paese che tende a passare per vittima dimenticando le proprie responsabilità?
Maria Altmann otterrà molto più di quanto sperato e si riconcilierà coi suoi tristi ricordi. Oggi si può ammirare il capolavoro di Klimt alla Neue Galerie di New York.