Rileggendo Marcuse

Tous les garçons et les filles de mon âge in un modo o nell’altro, durante quegli anni in cui nelle piazze si gridava CE N’EST QU’UN DEBUT CONTINUONS LE COMBAT, se non letto, avranno sicuramente sentito parlare dell’ Uomo a una dimensione di Marcuse, perché ai crocicchi delle strade trovavi sempre un mr. tambourine man che, come in un mantra, ne cantava i versi.

A change is gonna come molti pensavano, ma la desolation row era il luogo dove in modo sempre più fioco riecheggiavano le note di we shall overcome.

Where have all the flowers gone oggi qualcuno si chiede, e si domanda why.

Poiché le risposte soffiate nel vento danno no satisfaction, può essere utile rileggere qualcosa tra le pagine chiare e le pagine scure:

“ … ci troviamo nuovamente dinanzi ad uno degli aspetti più inquietanti della civiltà industriale avanzata: il carattere razionale della sua irrazionalità. La sua produttività ed efficienza, la sua capacità di accrescere e diffondere le comodità, di trasformare lo spreco in bisogno, e la distruzione in costruzione; la misura in cui questa civiltà trasforma il mondo oggettuale in una estensione della mente e del corpo dell’uomo, rendono discutibile la nozione di alienazione. Le persone si riconoscono nelle loro merci; trovano la loro anima nella loro automobile, nel giradischi ad alta fedeltà, nella casa a due livelli, nell’attrezzatura da cucina. Lo stesso meccanismo che lega l’individuo alla sua società è mutato, Il controllo sociale è radicato nei bisogni che esso ha prodotto.”*

*Herbert Marcuse – L’uomo a una dimensione

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