Erano gli anni settanta. Dovevo scrivere la tesi assegnatami dalla docente di storia della critica d’arte che aveva come titolo “Il dibattito sulla cultura popolare in Italia dopo il ’45”. Molte cose non riuscivo a capirle, nonostante i mesi trascorsi a sfogliare riviste e giornali alla biblioteca Sormani. Mi resi conto che il maggior esperto in materia era Roberto Leydi. Senza pensarci due volte, con la sfrontatezza tipica dei miei vent’anni, cercai il suo numero sull’elenco telefonico e lo chiamai. Mi rispose una voce di donna ( in seguito capii che era Sandra Mantovani, sua moglie). “Cerchi Roberto? Ora te lo passo… Bene, vieni lunedì prossimo alle 21. L’indirizzo è quello che trovi sull’elenco telefonico”. Mi presentai con un amico, anche lui interessato alla cultura popolare, all’ora stabilita. Aprì la porta Sandra Mantovani che ci accompagnò nel suo studio. Era appena tornato da Montreux, dove aveva registrato un concerto. Era alle prese col suo registratore a bobine Uher – stava riavvolgendo il nastro – quando improvvisamente schiacciò un tasto e ci fece ascoltare un brano. Poi chiese a me se avessi riconosciuto chi stesse suonando il sassofono . “Mi sembra Archie Shepp”, risposi . “Bene! – replicò – ora possiamo sederci e parlare di musica.” Erano le nove di sera, fu una serata indimenticabile. Ci fece ascoltare dischi, nastri, ci mostrò, libri, fogli volanti, riviste, rispose alle nostre domande, sino alle cinque di mattina. Quando tornai a casa, stava ormai sorgendo il sole. I miei genitori erano svegli ad aspettarmi, preoccupati per il ritardo. Quando raccontai a mio padre che Leydi si era appassionato tanto da non accorgersi che il tempo passava, mi disse che certamente doveva essere una persona eccezionale, se a uno studente che neanche conosceva, aveva dedicato tutto quel tempo. A quell’incontro, ne seguirono molti altri, tutti terminati all’alba. Roberto Leydi era davvero una persona fuori dal comune per le competenze, ma anche per le doti umane. Mi chiedo quanti intellettuali, docenti che eccellono nel loro campo, si comportino come lui. In seguito fu correlatore alla mia tesi di laurea a Milano, diventammo amici e mi coinvolse in diversi progetti. Mai più ho incontrato nella mia vita persone così sensibili, così disponibili, così innamorate del proprio lavoro e felici di condividerlo. Forse, chi non si occupa di questi argomenti non conosce Roberto Leydi: è stato cofondatore dell’Istituto Ernesto De Martino, docente di etnomusicologia, ha collaborato con Luciano Berio, Umberto Eco e Bruno Maderna alla fondazione dello “Studio di Fonologia”, critico musicale, promotore del folk revival in Italia, fondatore dell’etichetta discografica Albatros, autore di innumerevoli testi fondamentali sulla musica popolare, instancabile organizzatore di eventi. Si potrebbe continuare per chissà quanto. Il suo straordinario archivio privato (circa 700 strumenti musicali, 6.000 dischi, 10.000 libri, 1.400 nastri magnetici) è stato donato al Centro di dialettologia e di etnografia di Bellinzona.
Qualche link:
-Roberto Leydi
http://www.archiviosonoro.org/approfondi…/roberto-leydi.html
-Fondo Leydi
https://www4.ti.ch/…/dc…/cde/collezioni/fondo-roberto-leydi/
-L’altra musica
https://www.youtube.com/watch?v=1FEbRw2YjhI