romanzi express

ROMANZI EXPRESS di G.Cavagnaro

l primo dei Romanzi Express di Giorgio Cavagnaro ci immette direttamente e senza cerimonie al tavolo da lavoro dello scrittore sollecitato da una esigentissima Direttora a scrivere storie di massimo 700 battute : la scena evoca i reiterati tentativi di Snoopy davanti alla macchina da scrivere e i suoi sforzi inconcludenti, testimoniati dal compulsivo lancio di fogli accartocciati sul pavimento e dal vertiginoso susseguirsi di incipit nessuno dei quali riesce a placare la furia compositiva dell’autore. La sfida pare concludersi con una dichiarazione di resa, smentita però dalle successive 130 pagine e dai circa 60 ‘romanzi’ in esse contenuti. Che Cavagnaro sapesse scrivere in maniera originale ed efficacissima, lo avevo capito leggendo Il Sabotatore e poi Nothing is real, i suoi romanzi pubblicati negli ultimi due anni. Che questa capacità riuscisse a esprimersi e addirittura a esaltarsi in una dimensione, quella del racconto non breve, ma fulmineo, era scommessa dagli esiti affatto scontati. Si tratta di pagine caleidoscopiche, nelle quali attraversiamo una molteplicità di generi letterari, dal racconto distopico di 2070, ai bozzetti folgoranti come quello del riscatto dall’anonimato della vecchia Ersilia, alla dolorosa attualità del suicidio di un piccolo imprenditore in tempi di crisi de Il problema. Mentre ci stiamo assestando su un registro realistico e quasi da cronaca, ecco che incontriamo, senza preavviso Eleanor Rigby che raccoglie i chicchi di riso sul sagrato della chiesa nella tasca del suo cappottone informe, o Ringo Star, che ci fa le sue confidenze rivolgendosi a noi mentre attraversa le strisce pedonali di Abbey Road. E l’esperienza si fa ancora più inattesa quando, immersi nella lettura senza fare attenzione ai titoli, ci troviamo nel quadro di Hopper, Nightawks, dalla parte dell’uomo col cappello che osserva, quasi con invidia, la giovane bionda vestita di rosso, il suo accompagnatore con la sigaretta accesa, il barista che continua a sciacquare bicchieri incurante di tutta quella ‘solitudine in vetrina’che ha di fronte. Insomma, lo avrete capito, questi romanzi si leggono come fossero ciliegie, senza riuscire a fermarsi se non quando, e non è infrequente, ci si parano davanti all’improvviso, lacerando il tessuto ironico e autoironico con il quale l’autore tenta di imbozzolare la sua anima, un dolore, una gioia, una voce, quella voce, quel sogno, quella felicità, quella musica come, a nominarne una per tutte, in Lamia mentre ’ascoltiamo’ i Genesis e ci viene da piangere. Per le ciliegie, è noto come per le storie, non c’è finale, ne vorremmo ancora e probabilmente ne avremo, di passaggio “sempre di passaggio però, perché le storie sono tutte così, a pensarci bene”.

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