Sanremo per me è Pippo

 

Sanremo per me è Pippo.

Pippo sommerso da una camionata di fiori. Icona del nazional popolare che, ovviamente, ha inventato lui.

Ma anche.

È il trionfo del trash, del cattivo gusto, del pettegolezzo da camerino, della sfida all’ultima rima con cuore, dello scandalo (?) del plagio sospetto, dell’attesa dell’abito più criticabile, della battuta infelice e delle finte rivalità tra vallette.

È la maratona televisiva più noiosa dell’anno, la raccolta di musica più inascoltabile, confezionata ad hoc.

È il dinosauro di Mamma Rai, orgogliosa del suo prodotto inossidabile dal tempo e dalle mutazioni genetiche di gusto dei suoi spettatori in prima fila.

È l’arena dove gli italiani possono sfogarsi con le cattiverie e le battute da bar, standosene comodamente seduti sul divano e giurando di non vederlo mai.

Per tutti questi motivi lo guardo, sapendo di farmi del male ogni anno, ma con la sensazione di aver fatto il mio dovere per il mio paese che è anche il festival, in fondo meno indigesto di altre trasmissioni che non voglio nemmeno nominare.

Che Sanremo ci protegga tutti, andate pure a vederlo in pace.

 

 

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