Sanremo senza attese

 

 

Stupito di non trovare fra i big del prossimo Festival dei Fiori anche le mie vicine di casa, che cantano benissimo facendo i mestieri, mi domando chi siano i cosiddetti “campioni”. Metà non li conosco, ma la colpa è sicuramente mia. Non seguendo i talent show, sono tagliato fuori. Come quando leggo sulle copertine dei rotocalchi da sala d’aspetto che Katia ha lasciato Christian, e non riesco a provare dolore.
Eppure, tanti spettatori saranno felici di vedere brillanti carriere coronate dalle luci del successo, e sicuramente hanno ragione loro.
Però mi chiedo: perché Annalisa Scarrone non si è trovata uno pseudonimo? E quale recondita allusione si cela dietro il nome di un gruppo che si presenta come Marta sui tubi? Fossero cubi, qualcosa mi suggerirebbero, invece no, niente.
Per il resto, Cristicchi mi è antipatico (sarà l’invidia per tutti quei capelli), Gualazzi è tollerabile fino a quando non esplode nei suoi strepiti, e Mengoni sarebbe affascinante se stesse solamente un po’ composto e non volesse imitarea tutti i costi Judy Garland e sua figlia (Liza Minnelli) in crisi etilica.
Simona Molinari e Peter Cincotti per me sono Carneadi. E anche Cincotti, andiamo! Peter Cinc non sarebbe andato meglio? O Peter Cinq. Che impari da Maria Nazionale, con quel nome semplice ma patriottico, pomposo quanto basta, evocativo eppure credibile.
Aspetto con gioia pochi, fra cui Malika Ayane, ma quanta nostalgia per quelle belle baraccone del tempo che fu, quando le cose che aspettavamo erano altre: come si vestirà Marcella Bella? Sarà in grado di salire sul palco la Berté?
Penso sempre alla povera Anna Oxa, che ha ciccato due apparizioni su due agli ultimi festival. Con tutti quei discorsi sulle energie cosmiche, dopo due catastrofi di vendite, avrà ancora i soldi per pagare le bollette della luce e del gas?

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