Scala immobile

Aveva che fare con lei tutti i giorni. Nonostante fossero passati più di quarant’anni ancora non aveva capito se le piaceva. Il loro incontro avveniva in genere a quell’ora che non è giorno e non è notte, quando le luci che incominciano ad illuminare le strade non hanno abbastanza contrasto col fondo e vibrano appena di violetto. crepuscolo, lo chiamano. Intrinsecamente magico, naturalmente coinvolgente. E’ in quello spazio tempo, silenzioso quanto basta, che avvengono accadimenti misteriosi, si celebrano riti personali, si ascolta e si attende, si può aver paura e tendersi, o arrendersi al cambiamento.
E proprio lì, su quella piattaforma instabile, su quel pianerottolo senza porte, si incontravano. una andava, l’altra veniva. Mai un saluto. Un cenno. Nessun contatto. Solo uno sguardo rapido, all’apparenza distratto. Eppure tutto accadeva in quell’istante. Alchimia impercettibile ma, da elementi che tardano ad emulsionarsi, potente. Il resto della scala era, per lei che scendeva, appropriarsi di scie profumate di bucato, di semplici elastici per capelli persi per distrazione, a volte una molletta, uno scontrino stropicciato. Si riempiva le narici e le tasche scendendo quelle rampe. anche qualche lacrima scese insieme a lei. Che invece diffondeva nella tromba un’essenza intensa, travolgente, sempre la stessa da anni, di chi non vuole confondersi o di chi vuole nascondere troppo. Scendeva o scivolava su un tapis roulant? Nessun rumore denunciava la sua presenza mentre la incrociava, lei che invece saliva come se stesse giocando alla settimana sulla strada, a due scalini per volta, inciampando, lasciando indietro pezzetti di sè. Buio e luce che si fondevano per un’istante contendendosi 30 centimetri di gradino. Nostalgia e ammirazione in uno scambio senza soluzione di continuità.
Due personalità. Due facce.
Come tanti, due nomi. Anna, Nina.
Ma tutti la chiamavano Annina.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto