«La scatola era un universo, una poesia,
congelata ai confini della esperienza umana.»
William Gibson
Una scatola magica che conserva bottoni, nastri, lettere, foto, spilli, gingilli; tracce e memorie, gioie e sofferenze, sogni e disillusioni, passaggi e partenze.
Un alternarsi inaccettabile di emozioni fragili e fortissime: dalla sofferenza più insopportabile all’illusione di felicità più intensa ed esaltante, dall’istante di intravista serenità al precipitare nel dolore senza speranza.
La magia della scatola? Anche se continui a riempirla, non è mai colma: questo l’incanto, questa la maledizione.
Flash di memoria: una bambina, con la febbre alta, sente la corposità dei molari, l’umidore metallico della lingua, la volta asciutta e gommosa del palato. Sente l’interno fisico di sé, grata per l’oblio restante. Ascolta il proprio corpo, mendicando il silenzio della mente.
Flash di giorni incomprensibili: una donna riservata è apparentemente attenta agli altri. Risponde se interrogata, restituisce il saluto, talora sorride. Ma sente suoni e brusii indistinti, ottusa in una confusione esterna/interna che la stordisce. Ascolta il vuoto, vede il silenzio, tocca il buio.
Così sprofonda (chissà dove), fingendo: la donna-scatolina che non s’apre mai, qui si socchiude e mostra il limite del suo sopportare che non c’è, il baratro dei pensieri che nasconde serrandosi, l’incubo dell’ineluttabilità che la uccide. Ma fuori l’ottone è lucido, lo smalto appena intaccato.