Bella, Lucian Freud, 1981

Scintilla di desiderio

Nel viottolo della città dell’esilio, improvvisa e pungente come un sintomo una scheggia di desiderio.

Di un colore mai più osato, di un profumo alle rose, di un paio di stivaletti vermigli con il tacco, di imbarco, di mercato delle spezie, di sabbia che scalda, di leggere sul bordo di una piscina termale guardando la neve cadere. Di cancellare dagli appunti le liste serpentine dei crucci, i “che fare?” e i “non scriverò più!”

Desiderio di tempo ritrovato e plastico. Di svincoli e scompostezza.

Desiderio che la umiliante corazza della quotidianità si liquefaccia.

Che, nella forbice, la lama della vita si slanci lontano da quella della sopravvivenza.

 

E desiderio, ancora, che non lo riconosci da tanto non lo sentivi nel sangue, e quasi te ne vergogni.

Di naufragio, scompiglio e schermaglie. Di scordare domande e sbagliare risposte, di mormorare e di urlare.

Di un affanno non da ansia e perdita, ma da scale salite di slancio, ritoccando la cipria in attesa di suonare a una porta.

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