Una strada qualunque di un giorno qualunque tra gente qualunque.
Il qualunquismo non c’entra, siete fuori strada. Tornate un attimo sulla mia e guardate ad altezza uomo per più di un momento. Vedrete un migliaio di bocche e due migliaia di occhi con la stessa identica espressione.
Espressione che non potete risolvere, non spetta a voi. Facce con un denominatore comune: l’infelicità. La stessa che a sua volta si manifesta in milioni di facce tristi, rassegnate, disilluse, abbandonate, disperate, rabbiose, sofferenti, attonite, indifferenti, impaurite, stanche, sole, frettolose.
Anche voi fate parte di quella massa. Solo che adesso la guardate da fuori, da una finestra del vostro cervello che vuole capire. La massa, composta dalla somma delle singolarità, quando attraversa se stessa indossa la propria faccia peggiore, come dovesse creare intorno a sé il vuoto o una barriera per non farsi coinvolgere dalla negatività altrui.
E = M.c2, Albert aveva capito tutto. La sua formula ci spiega che la “massa” è direttamente proporzionale all’energia e, di conseguenza, inversamente alla velocità: M=E/c2.Quella velocità che diventa fretta, anticipazione e impazienza a impoverire la massa, svuotandola e all’infinito allontanandola dall’energia della serenità con risultato nullo.
Ma torniamo in strada. Improvvisamente appaiono davanti a voi due occhi che brillano, una bocca che sorride, una faccia serena in una figura dall’incedere armonioso che, in mezzo alla cupa frenesia generale, il vostro cervello percepisce come anomalia e vi comunica razionalmente un giudizio veloce quanto logicamente deduttivo: “quella persona è pazza!”.
Come si permette di perturbare il triste ordine costituito? Cosa pensa di fare con la sua energia positiva?
Forse è una nipote di Einstein.
Albert Einstein Infelicità Serenità