Una vita che frugo nelle cantine, rivolto bauli, e attacco con stile da formichiere le pulci dei mercati del globo. La poetica della carabattola, della pezza vecchia, mi rende pindarica.
Cottimista delle porteportesi di paese, totalizzo una quantità intrasportabile di bastimenti carichi carichi di varie ed eventuali, con cui vesto e arredo la famiglia. Sono decenni che con astuzia da predatore sorveglio i pezzi migliori nelle catene usuraie dell’usato. Così ho uno specchio antico in bagno e mobili firmati a prezzi svedesi, ma dell’angolo delle occasioni. Certo, lo stile tradisce il peccato originale, ma è un unicum molteplice, come le vite che l’hanno composto. La mia casa non è elegante, così affollata e ardita nell’accostamento. Non finirà mai su Case Belle nel Mondo, pazienza. Ciò che però mi indigna, oggi, è la concorrenza. Non posso più raggiungere il banco delle pezze senza vedermi scavalcare da una madama in camicione di lino, taglio cospicuo, che punta sul firmato d’annata. E il garage delle carabattole alza i prezzi, per soddisfare le voglie dei nuovi adepti. Gironzolando fra comò e confessionali dell’anno mille e non più mille, ascolti conversazioni sulla crisi che profumano di Acqua di Parma, mentre più in là uno studente osserva la data sul cartellino, nella speranza che il prezzo della scrivania precipiti dall’altro lato della virgola.
Osservi la coppia di pensionati battibeccare sull’elettrodomestico dall’aria profondamente vissuta, bisognoso di abdicare almeno quanto loro. E ti amareggi intuendo il traffico da mercante a mercante che intercorre fra il pulciaro e l’antiquario, ai danni di memorie e portafogli ignari. Come quel giorno della cornice di fiori e frutti, inopinatamente allegra, per niente baroccaccia, che un signore mi vide rapire barcollando alla volta della cassa. Guardò le schifezze da esperto che portava appese al braccio, lanciò uno sguardo uncinato verso la mia bella corniciona e partì con una filippica tesa a sminuirla. «E non è neppure dorata, ma bronzata» concluse. Sollevai il telaio con fatica, fino a centrare la mia figura a mezzo busto, rivolta verso di lui.
«Però mi dona, non trova?» e gli feci una linguaccia.