Erano gli anni ’70. Al piano strada del palazzo dove abitavamo, aprì una galleria d’arte. La visitammo per piacere e curiosità, nient’altro, perché erano tempi duri: sposati da poco e solo io a lavorare. Passare davanti alla galleria mi era inevitabile, così ogni giorno dedicavo un momento a contemplare. sempre lo stesso quadro, che sapeva dirmi qualcosa, non so cosa.
Era di un pittore veneziano, Renato Borsato (1927). Il proprietario della galleria aveva da tempo notato il mio interesse e un bel giorno mi fermò, proprio davanti alla grande vetrina. Era una persona che conoscevo, ma non in confidenza, fu lui ad arrivare subito al sodo: “Te lo porto sopra”. Io tacevo, esterrefatto. ” …Antò, quando puoi, mi lasci qualcosa, facendo così te lo godi subito”. Non potei dirgli di no.
Stabilimmo un prezzo, accettai le condizioni e mi portai via il mio primo quadro, che è ancora con me. Testimonia il mio desiderio continuo di cercare e, qualche volta, trovare, pace e ispirazione attraverso la vecchia sedia impagliata, vedere il mio mare, sentire forte il profumo dei limoni appena raccolti. Fa parte delle sei o sette cose che mi son portato dietro, della mia prima vita.
Quando ho scoperto, casualmente, che Borsato nel 2013 era morto, ho sofferto come fosse scomparsa una persona, che pur non conoscendo, avevo incontrato e salutato ogni giorno.