Sesso freddo

In principio ci fu Giorgio, poi Michele, Aldo, Giulio, Stefano, Alessio, Riccardo, Valerio ed infine Alessandro. Tutti uguali. Ricordava i nomi, non le facce. Un gioco da signora annoiata. La trama sempre la stessa; prime mail di conoscenza inizialmente ritrose, poi piano, senza fretta, la fase più eccitante: il corteggiamento e l’appagamento dei complimenti ben sapendo che era finzione.
Ma è proprio sulla finzione che la signora annoiata si divertiva. Mossa e contromossa, come in una partita a scacchi. Sempre più febbrili e ardite le chat, fino all’incontro virtuale con la web cam. Giochi di sguardi, di finta timidezza, di donna pudica.
Ogni volta, a ogni nuovo arrivato, lei sussurrava trepida che era la prima volta, che non era abituata e lui, fiero del suo essere il primo, si eccitava sempre più. La signora annoiata, seguendo il copione, diventava discinta, iniziava a mostrare i seni, a toccarsi. Il piacere più grande era quello di vederli ansimare, implorarla per l’incontro carnale.
A quel punto sfoderava tutta la sua arte, la recita della donna malinconicamente tediata. Dopo le numerose e sempre più vogliose richieste degli uomini avveniva l’incontro; deciso dalla signora non prima di sentire che era arrivato il momento.
Preparazione all’appuntamento: calze autoreggenti, mutandine di pizzo, scarpe nere tacco 12, tutti gli stereotipi classici per uomini banali. La signora li voleva proprio così: banali e scontati, perché era lei che doveva tirare le file del gioco.
In attesa dell’arrivo con sguardo ironico e disincantato guardava la camera dell’albergo a ore, scelta da lei, sempre la stessa. Il grigiore e le crepe delle pareti, toccava le lenzuola bianche lavate e rilavate fino all’usura, poi un’occhiata al bagno, piastrellato da vecchie e scheggiate maioliche celesti.
Sentiva la porta aprirsi. L’uomo era arrivato. Maldestramente iniziava a spogliarsi e iniziava a toccarla. Se l’uomo cercava di parlare, lo metteva a tacere – prima dell’incontro la signora precisava nessun dialogo in albergo – Sapeva che erano frasi di routine e non gradiva sentirle. La signora era brava nel fingere piacere, nel far sentire i brividi del suo corpo, mentre una mano anonima l’accarezzava e una lingua tremante, viscida e poco esperta la esplorava. Per finire in fretta il gioco li cavalcava, sottomessi, fino al loro piccolo orgasmo.
Si rivestiva e, senza parlare, andava via regalando solo un ultimo sguardo disincantato al ridicolo uomo imbarazzato che cercava i calzini. Chiusa la porta della stanza tutto era già scordato e cancellato, come se non fosse mai esistito. Una doccia calda nel suo bagno di casa, un cambio d’abiti veloce: “Amore, bambini, la cena è pronta!”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto