Si sta come d’autunno sui tavoli le sfoglie

Passare dall’odio all’amore è possibile con un morso. No, non parlo di sadomaso, mi riferisco alla cucina. In questo specifico caso al mio odio smodato per la zucca, tanto da non sopportarne nemmeno la “puzza”, un bel giorno mutato non si sa come in amore.
Anzi no, il come si sa: ero davanti a un piatto di cappellacci ferraresi e ho avuto un’epifania. Sarà vera la storia che i gusti cambiano ogni sette anni, chissà, ma da quel dì tra risotti, caplàz di cui sopra o tortelli mantovani, zucca marinata e pasta e cocozza, ho riscattato anni e anni di embargo della cucurbitacea.
A settembre, quando la luce promette l’autunno e il caldo si affievolisce non vedo l’ora girando tra i banchi del mercato di scorgere le simpatiche forme, curve e rilievi in verde, giallo, arancione, beige. Le prime zucche sono come i primi fiori, il primo bagno a mare, la prima neve: sento la sottile euforia delle stagioni che cambiano e di qualcosa che si rinnova.
Afferrata la mia bella zucca violina e accertato di avere tutti gli ingredienti, attendo la prima domenica buona per fare i tortelli. Che poi sono ravioli.
Eh sì, perché qui confesso che la mia devozione finisce davanti a una formina o a una rotella zigzagata. Non me ne vogliano i puristi.
Una volta cotta la zucca, ne schiaccio la polpa, la unisco a parmigiano, uovo, noce moscata, una o due cucchiaiate di pangrattato, pepe. Poi ne faccio tanti mucchietti sulla sfoglia tirata sottile, richiudo e procedo con la rotella di cui sopra. Li tuffo in acqua salata quando bolle e li tiro su quando vengono a galla.
Oh, non chiedetemi le dosi, questo non è un blog di cucina (la verità è che non saprei dirvele perché vado sempre «a sentimento»).
Per condire? Burro e salvia è il matrimonio perfetto, non c’è neanche bisogno che lo dica.

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