Sole, cuore, amore. Il cinema italiano resiste.

Ricordate il neo-realismo? Il suo spirito è tornato tra noi, evocato dal tocco sensibile di Daniele Vicari, regista italiano tra i più sottovalutati. Girando magnificamente il suo “Sole, cuore, amore” tra il Tuscolano e Torvaianica, come dire l’altra faccia della Grande Bellezza, Vicari compie una scelta di notevole coraggio. Ma alla fine la sfida è vinta, il pubblico finisce per appassionarsi alle vicende della stoica Eli (una corrosiva Isabella Ragonese), riconoscendosi e riconoscendo nella prova matura e commovente di questa nostra notevolissima attrice l’eroismo sommesso della gente comune. La forza d’animo dolce e testarda che, in qualche misura, appartiene a tutti noi che tiriamo avanti in una società simile a un camion sgangherato e caracollante. Un camion che perde ogni giorno per strada, sulle buche di un asfalto e di una coscienza civile in costante disfacimento, un pezzo di umanità.
Non è facile lasciare il segno rinunciando ai tradizionali ammiccamenti del mestiere: non troverete sangue, sesso e volgarità in questo film. Solo lo stretto necessario al racconto di una storia amara ma vitale, sostenuta da una vibrazione sottile che cattura in crescendo l’attenzione dello spettatore, toccandone le corde più profonde. Il segreto è l’empatia, l’amore sincero che il regista prova per i suoi sfortunati personaggi, come a suo tempo accadde a De Sica col pensionato “Umberto D” o con il suo ladro di biciclette.
Rivelazione del film è la danzatrice/attrice Eva Grieco, sciroccata e dolente quanto basta a infondere, per mezzo delle sue performance periferiche nei locali di una Roma fuori ordinanza, una nota di ragguardevole originalità.
Come d’altronde la strepitosa colonna sonora di Stefano Di Battista, magistralmente eseguita da un bunch di musicisti di primissimo ordine guidati dalla tromba, lacerante, di Enrico Rava

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