Camminiamo da giorni, ma non abbiamo alcuna meta. Solo una fine, davanti. Non c’è ritorno e non c’è perché. Ci hanno messi tutti assieme solo perché abbiamo una cosa in comune tra noi e una sola differenza con loro. Noi siamo quelli che devono morire e sparire per sempre. Loro sono quelli che anche tra cent’anni cercheranno di cancellare il ricordo. Non per Cristo o contro cristo. Solo perché siamo Armeni.
Cento anni fa ci fu la sistematica strage degli Armeni a opera dell’Impero Ottomano. Il Parlamento Europeo e il Papa hanno riconosciuto i fatti come “Genocidio armeno”, ma l’attuale Stato della Turchia ancora non ne vuol sentir parlare. Ancora accennare agli armeni e al “genocidio armeno” in Turchia è reato. Persino Orhan Pamuk, considerato il massimo scrittore turco vivente, fu incriminato, ma il processo non si celebrò. Andò molto peggio al giornalista Hrant Dink. I libri li leggono in pochi, i giornali vanno in mano alla gente. Il suo, Agos, era scritto in turco e armeno a difesa dei diritti civili. Di tutti.
Dink si fece sei mesi di galera, e poi fu assassinato davanti alla sede del giornale. Al suo funerale erano più di centomila, solo contando i vivi: dicono che un milione di anime scese apposta da un cielo fatto di steppe e deserti per seguire la sua bara.
La “questione armena” è l’ostacolo maggiore all’ingresso della Turchia nell’Unione Europea. Il popolo turco, partecipando a quel funerale, l’avrebbe già risolta.
Bibliografia consigliata: La Bastarda di Istanbul, della scrittrice turca Elif Shafak. Nata a Strasburgo. Shafak vuol dire alba. Buon segno.