Mi presento: sono una pensionata in una grande città. Ho settantanni, nella mia vita ho sempre pensato, nel senso che la mia mente è stata viva. Dopo una vita spesa a lavorare a crescere i figli, ora lontani, ho tempo. A me la mattina piace passeggiare, sedermi sulla panchina Angela e leggere il giornale Giorgio, quello gratis perché non posso permettermi un giornale vero. Vado al parco Felice del mio quartiere, anche d’inverno, è la mia ora d’aria. Guardo passare donne con le carrozzine, padroni con il loro cane. È quieto, è verde. Stamattina, come tutti i giorni, mi sono recata al parco Felice. E ho pianto. Il luogo dove trovavo la pace per osservare il mondo non era più lo stesso. La panchina Angela era a pezzi, le piante intorno sradicate, la fontana Giuliana rotta, i cestini dei rifiuti buttati per terra. Hanno fatto crollare il pino Gabriele. Li chiamo per nome perché erano i miei amici. Qualcuno la notte è venuto con un furgone rosso, che adesso è abbandonato lì. Mentre guardavo lo scempio con gli occhi umidi, accarezzavo il moncone del pino Gabriele. Ho pensato che chi fa del male inutile, solo per farlo, è un essere umano pieno di vuoto orrore. È già la seconda volta che entrano nel parco e distruggono. Lo fanno perché sono già distrutti loro. Ma se il parco Felice muore, muoio anch’io, nell’infelicità.
“Questi racconti fanno parte di una serie scritta per L’Unità diversi anni fa. La Rivista Intelligente ha deciso di ripubblicarli per la loro valenza tragicamente attuale oggi, un tempo di devastazione, menefreghismo e di violenze sulle donne.” V.Viganò