Sorge un cavaliere d’oro

 

È notte d’investitura nel Santuario. Le dodici case dello zodiaco che si arrampicano per il monte sono un serpente immaginato. Il cavaliere d’oro del Leone sa che in questa notte, contro ogni ordine del mondo messo insieme con forza e ingegno implacabili, si abbatterà la forza elementare della morte. La paura è questa necessità, una premonizione, un allarme di qualcosa che già accaduto ancora non si è manifestato visibilmente nella luce degli eventi a tutti visibili, perciò più che mai presente. Il giovane Regulus è il miglior candidato a succedergli, e prima di allora ad affiancarlo nel mestiere della lotta, il più preparato, il più giusto, il più coraggioso. Ma tutto ciò non è altro che un insieme di virtù nude a cui manchi un amalgama, un’ultima forza cementante e ineffabile che non si può insegnare con il duro addestramento, con l’indottrinamento, con un dolore previsto, controllato, impartito e gestito. La cornice del rito è essenziale che contempli una sua totale rottura, un suo totale annientamento. Sarà una lama che sfolgorante dominerà il caos? Un gesto esatto, racchiuso dentro ciò che è infallibile e definitivo. Il giovane Regulus ha sconfitto più volte in duello tutti insieme gli altri candidati, qualunque prova è stata superata. Eppure come mai, si chiede con veemenza, ancora non sono stato scelto. La notte dell’investitura giunge al termine, le luci di una notte che va dissolvendosi nella bianca chiarezza dell’alba irrompono. Come mai? Si chiede. Ed ecco che allora l’ultimo avversario, l’ultimo nemico da superare, scende la scalinata della quinta casa, il volto celato dalla maschera, l’ampia tunica a rivestirlo. Regulus è pronto, sa che stavolta ci siamo, sa che se atterrerà quell’uomo dal celato sembiante, avrà sua l’investitura. Lo sa, ne ha paura, di saperlo, e la paura lo spinge a lottare con ogni forza, con matematica resistenza, con implacabilità. È giorno pieno quando la battaglia giunge al suo termine. Il più ostico e forte, l’ultimo nemico, è stato annientato, annientato ed esangue si distende lungo la scalinata, dove sceglie di morire, senza rialzarsi. Regulus non sa, ma quella vittoria durissima non è stata l’ultima prova. L’ultima prova è fissare negli occhi il volto dell’uomo che ha ucciso e che emerge dalla maschera spezzata, il Cavaliere d’oro del Leone, il suo maestro e più di un padre per lui. Ora egli conosce un dolore assoluto, il dolore di un ordine perfetto incenerito in un attimo da un vento avido e sfrenato, una ferita che lo rivestirà di oro, una ferita che si cicatrizzerà selvaggiamente come un cancro che avvelena, e che egli dovrà estirpare con metodicità, perché ciò equivale a estirpare ogni sentimento e ogni passione, estirpare se stesso, guardarsi agire dall’alto, combattere senza tener conto d’altro che della vittoria; sacrificato in un istante il suo essere, la sua identità precipitata, incenerita, egli si fa maschera, non una lama per dominare il caos. Cavaliere d’oro è il caos stesso come lama, dovrà per sempre essere lui la forza selvaggia che non sa freni, lui stesso la forza elementare della morte, nel nome di una giustizia che non ha un nome umano. Regulus ha appreso l’ultima lezione, la più chiara e la più terribile. Cavalieri d’oro lo si diventa alla prova delle armi, quando corre il sangue e il falco pellegrino si avventa sulla preda.*

Ispirato ai fumetti di M. Kurumada. I cavalieri d’oro sono guerrieri sacri appartenenti ognuno a un segno zodiacale che li domina, e vestiti di relative armature.

 

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