Stamattina

Stamattina ho messo la sveglia alle 7.30. E’ sempre così, quando mio figlio dorme da me, e lo devo spedire a scuola in tempo: alle 8 si entra, e per fortuna che il liceo è a 5 minuti a piedi.
In quattro e quattr’otto preparo la colazione (che lui regolarmente non tocca), bercio per i venti minuti necessari a metterlo in piedi e poi, finalmente, sento i suoi passi assonnati che scendono le scale.
A questo punto, in genere, affronto la giornata. Ma non oggi. Oggi mi sono rimesso sotto il piumone, appena riesumato dal suo contenitore causa radicale crollo della temperatura e, tra il sonno e la veglia, ho iniziato un gioco.Dalla finestra filtrava appena una riga sottile di luce, e ho immaginato di avere quattro anni. Dall’esterno filtravano i rumori tenui, discreti della città che si rimetteva in moto, mentre io me ne stavo lì, beatamente, aspettando che mamma venisse, con molta calma, a prendermi in braccio e tirarmi su dal lettino, quello con la struttura di metallo cromato e le pareti a rombi di plastica bianca che formavano una specie di prigione protettiva.
Esaurita questa visione, ne è arrivata un’altra. Stavolta avevo sui dieci anni, ed era sera. Magari dopo Carosello, o forse più tardi, magari avevo visto un pezzo di quel film che mi aveva terrorizzato: “Il posto delle fragole”. All’inizio il vecchio professore fa un sogno terrificante, per un bambino. Inutile descriverlo, perché lo conoscete tutti e, nel corso del tempo, quel film è diventato per me il numero uno di sempre.

incubi

Quando avevo pensieri un po’ inquietanti da allontanare, avevo uno stratagemma: mi ficcavo tutto sotto le coperte, anche la testa, e pensavo che intorno a me non ci fosse più la cameretta coi primi poster al muro, la collezione di automobiline e i libri di scuola, ma un bosco nero e spaventoso, con alberi fittissimi che ondeggiavano al vento, nascondendo fantasmi e creature misteriose, pronte a balzare fuori. O addirittura, il mio letto era piazzato in un cimitero, di notte, come una tomba accanto alle altre, nel silenzio più totale.
Ci credereste? Il senso di calore, di sicurezza, di invincibilità che provavo là sotto la trapunta blu era avvolgente, miracoloso. Non avevo paura più di niente, niente sarebbe stato in grado di penetrare in quella fortezza, e godendo della mia situazione di invulnerabilità al pericolo che mi circondava, mi addormentavo tranquillo.
La terza visione però, è la più bella di tutte.
Intorno a quattordici anni avevo conosciuto Elena, in vacanza. Era la ragazza più bella che avessi mai visto, ed eravamo diventati amici. Solo amici, per carità. In quei giorni meravigliosi, una volta infilato nel letto, mi bastava ripercorrere i piccoli eventi quotidiani, i timidi ammiccamenti, le canzoni suonate alla chitarra col gruppo degli amici, un ballo lento, impacciato, sulle note di “A whiter shade of pale” e già dormivo felice.
Col sorriso sulle labbra.

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