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Storia di Dorina: putana

Quando che mia mama la telefone, tute le volte dice: «Te manda la tua sorela ne la Italia che te aiuta a curare tuoi vechieti». No mama, dice io, Ana no viene Milano, che vita costa tropo e la badante e lavoro dificile, che ci vuole forsa e lei tropa magrina.
Ma io no la vuole perché non può dire verita, che io non fa la badante, fa la putana. Lavora de strada, de fredo e de caldo. Putana che costa poco e lavora tanto, che a padroni ce interessa che guadagno. Io ha tanti cliente de vechieti. Tuti gentili che me portano regalino, che te rengrasiano che fai lori il bene. Giovani invece te trattano de merda. Dice: «Te piace troia», e io alora fa de freta e intanto pensa la mia casa, a la Rumania, e mia familia che le vole bene, e aspeta tuta setimana che fa telefonata, e raconta vita de badante, che se dice verita mama muore stechita o viene a piedi la Italia e me massa.
Io venuta che voleva lavorare pulita, che loro me fata promesa, ma poi me dice tu fa putana e se no vuole me pichia e me lega la casa, senza mangiare. C’è di tanti rumeni la Italia. Tuti lavora bene, giardiniere, muratore, anche badante. Io toca sfortuna. Io conosce persona cativa. Io adeso putana, che deve fare la cinquecento euri tuti giorni se no me da le bote.
Io poveracia, e de note, quando dorme, me sogna la vita de ragassa, la casa nostra, e piange. Ma io no puo scappare, che se no lora va paese e prende la Ana.
Io alora me fa forte e pensa un giorno, se lavora tanto, la recomprare la mia libertà. A te lo poso dire, tu gentile, tu me ascolta. Tu non come tuti li altri.

«Sì, sì, va bene… adesso però apri ‘ste gambe!»

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