Storie d’amore e di odio

Un arco di trent’anni per raccontare tre storie. Storie d’amore e di odio nella martoriata ex-Jugoslavia.

1991: lei serba, lui croato sfidano le rispettive famiglie e le nascenti fazioni.
2001: lei, serba, torna con la madre nella casa distrutta dalla guerra. Lui, croato, le aiuta a riparare i danni.
2011: lui, croato, dopo anni, va a trovare lei, serba, la donna che aveva amato a dispetto dei suoi genitori.

Con una regia schietta e priva di retorica, il regista croato Dalibor Matanic descrive il conflitto e la guerra civile che hanno insanguinato la sua terra dal ’91 al ’95. Di come, in poco tempo, l’odio etnico abbia pervaso comunità in pace tra loro. Contaminando tutti, militari e civili, religiosi e non. Covando nei rapporti di vicinanza e in quelli d’amicizia, all’interno delle stesse famiglie. Depositando scorie e veleni difficili da eliminare nel tempo.
Splendida la fotografia che si sofferma sui ruderi, sulle case sventrate dalle bombe e al tempo stesso inquadra i paesaggi mansueti dei campi, delle colline in lontananza, del lago con i suoi argini ospitali. In cui si bagnano, di dieci anni in dieci anni, i due protagonisti.
Che sono sempre gli stessi giovani e straordinari attori. Lei serba e lui croato, ma con nomi diversi, e storie personali diverse ambientate in epoche diverse. Personaggi diversi, uniti e riconoscibili solo per la difficoltà con cui cercano di portare avanti il loro rapporto. Vicende legate da un fil rouge di amore e disperazione ma, è questa la scommessa di Matanic, anche di speranza per il futuro.
Tihana Lazovic è la lei, che nei tre diversi ruoli appare come la più determinata. Goran Markovic è il lui dagli occhi miti.
Sole alto” (Croazia, Serbia, Slovenia 2015), premio della giuria Un certain regard al Festival di Cannes.

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