Il film inglese “Suffragette”, uscito in Italia opportunamente per l‘8 marzo, è la ricostruzione accurata della battaglia nel 1912 delle donne inglesi per ottenere il diritto di voto, il suffragio appunto, termine dal quale fu coniata un po’ per sfregio la loro denominazione. Al centro vi è la storia di una delle aderenti al movimento, Maude Watts, lavandaia-operaia sin dall’età di 12 anni in una grande lavanderia industriale di Londra, che con titubanza iniziale e poi sempre maggiore convinzione aderisce alla lotta con impegno crescente.
“Non una legge per un diritto, ma il diritto di votare leggi che ci difendano” specifica una delle protagoniste, spiegando il significato della loro rivendicazione.
Il diritto di voto non era una semplice richiesta per esprimere un orientamento politico da affiancare o sommare a quello degli uomini. Era (ed è) lo strumento imprescindibile per poter incidere nella società, denunciare i soprusi, porre fine alle condizioni disumane cui erano costrette le donne lavoratrici, pagate meno degli uomini e costrette spesso a portarsi i bambini in fabbriche malsane, dove iniziavano a lavorare con le madri in tenera età. A tutto ciò fin troppo spesso si aggiungevano le morbose attenzioni dei capi reparto, le molestie dei superiori o addirittura dei padroni.
Le suffragette lottarono duramente, usando anche metodi violenti, arrivando persino a sacrificare la propria vita incuranti degli arresti, della perdita del posto di lavoro, dell’abbandono e incomprensione da parte delle famiglie e degli amici.
Il film di Sarah Gavron ha il merito di demolire, nell’immaginario collettivo, la figura romantica della suffragetta. Una sorta di Mary Poppins, con il cappellino in testa e l’ombrello merlettato appeso al braccio, che agita graziosamente la sua coccarda nei cortei di protesta. Le attiviste anglosassoni erano invece donne dure e pronte a forme di disobbedienza civile anche violente, pur di arrivare allo scopo. Non avevano nulla da perdere e tutto da guadagnare. La misoginia imperante, anche da parte dei loro mariti, padri, fratelli, datori di lavoro le riteneva utili solo a lavorare come bestie e procreare figli su cui non avevano alcuna potestà giuridica. La conquista del diritto al voto avrebbe aperto la strada – secondo la vulgata maschile – a un pericoloso allargamento di diritti, come la possibilità di “diventare giudici o di essere elette in Parlamento” (sic). Il voto venne concesso alle donne inglesi nel 1918, a quelle italiane nel ’46, mentre in Arabia Saudita è stato “promesso” nel 2015, ma non è ancora in vigore.
Ci domandiamo come mai il movimento delle donne italiano abbia dimenticato questa lezione dolorosa che ha aperto la strada al diritto di voto a tutte le donne del mondo. E’ in ogni caso un pezzo di storia da conoscere e far conoscere alle giovani generazioni, forse non del tutto conscie di quanto sangue è costata la battaglia per i più elementari diritti, quelli che oggi diamo giustamente per scontati.
SUFFRAGETTE, GB 2015, regia di Sarah Gavron, con Carey Mulligan, Helena Bonham Carter, Meryl Streep, Ben Whishaw, Brendan Gleeson.