Sweet Jane

 

 Il display dello HI-FI segnava le tre e mezzo del mattino. Giovanni Bosco puntò il telecomando e fece partire il lettore dell’ I-Pod. Dopo le ore che lo avevano completamente svuotato aveva bisogno di energia. Le casse presero a inviargli l’introduzione al brano di Lou Reed che amava di più. Sweet Jane. Come aveva deciso di chiamare, nella sua testa, la nuova compagna, appena incontrata, che giaceva silenziosa di fianco a lui. 
Tutto era stato perfetto, come deve essere. Un amore a prima vista. Non aveva avuto alcun dubbio ed aveva salito le scale di casa, insieme a lei, quasi di corsa, impaziente. L’energia tornava dentro di lui insieme alle note della chitarra e quando l’assolo introduttivo salì di tono, preparando la strada all’irruzione del cantante, essa cominciò a trasformarsi in euforia. 
Lei aveva risposto alle sue sollecitazioni come se si conoscessero da una vita. Le sue dita non avevano trovato alcuna resistenza, alcuna rigidità ed anzi ogni tocco gli era stato rinviato amplificato. 
Non vi era stata parte di lei che lui non avesse l’impressione di conoscere da sempre. Si era addentrato in luoghi ancora sconosciuti con la sicurezza di trovare ciò che aveva trovato. A memoria, con l’intuito, persino inventando. Sempre tutto era andato nel migliore dei modi. In alcuni momenti erano stati veramente una cosa sola.
La sua fantasia cominciò ad immaginare il futuro. Lo sapeva come sarebbe stato. Una miniera inesauribile di possibilità. Un processo conoscitivo sempre in crescita e con la consapevolezza che ci sarebbe stato sempre qualche cosa di inesplorato. Persino sorprese che non era in grado di immaginare.
In un angolo della sua coscienza vi era anche un po’ di dolore, che accettava come la prova di quando grande sarebbe stato il piacere. Sapeva perché. Già sapeva che migliaia di ore passate insieme gli avrebbero comunque lasciato la perfetta percezione che qualche cosa d’altro sarebbe rimasto sconosciuto. Altre possibilità perse.
La stanchezza si stava impadronendo di lui. Tutto era stato perfetto e la mattina gli avrebbe riservato altre sorprese.
La cinse in un abbraccio con una mano sola e trovò dietro di lei il punto che cercava. Lo spinse ed ascoltò con un brivido di piacere il suono, quasi un ronzio, che lei gli restituì.
La piccola Xerox, il gioiello tecnologico che aveva cercato e finalmente trovato, si spense in alcuni secondi. Dentro di lei giacevano poche pagine perfette, la prima parte del libro che da tempo voleva scrivere. 
Glielo avrebbe dedicato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto