Tamara, addio!

Tamara incomincia a dipingere il ritratto di Tadeusz Lempicki nel 1927.
Poco più che adolescente, Tamara Gorska ha sedotto l’uomo che diventerà suo marito nei saloni fastosi di San Pietroburgo presentandosi a una festa travestita da contadina, con un’oca vera al guinzaglio. È questa la prima e non ultima di una serie di stravaganze con cui per tutta la vita Tamara de Lempicka confezionerà per sé l’abito di donna di mondo, prima ancora che di artista di successo.
Quando scoppia la rivoluzione, i Lempicki fuggono a Parigi, approdo dorato di tutti gli esuli russi che hanno parteggiato per i bianchi. I primi anni sono di una indigenza più mitizzata che reale. A Parigi Tamara scopre il talento per la pittura e intrappola in una serie di ritratti da iconostasi profana figure del demi monde e dell’aristocrazia.
Dipinge anche nudi femminili, scandalosi e procaci, costretti da pose manieristiche a torsioni innaturali che esaltano il turgore dei corpi esibendoli come merce di lusso in cartelloni pubblicitari. Nei soggetti maschili i riverberi di questa sensualità esasperante si nascondono nella voluttà dei tessuti: il morbido tweed, il raso cangiante e l’impalpabile marabù.
Tadeusz Lempicki si offre allo sguardo, consapevole della propria immanenza statuaria, piegando di lato la testa e il braccio. Ogni possibile concessione a un’eccessiva rilassatezza è contraddetta dalla impalcatura del paltò, con i risvolti lucidi e rigidi come i lembi di una calla.
Tuttavia c’è in questo ritratto una stranezza che non subito salta all’occhio. La mano destra è adagiata sulla gamba, la sinistra trattiene la falda della tuba. Le due mani sono di colore diverso, la sinistra potrebbe sembrare guantata, ma non è così.
Nel 1928 Tadeusz parte per la Polonia, ufficialmente per affari, nella realtà perché innamorato di un’altra donna. Tamara abbandona il cavalletto e l’algido riserbo della donna tradita per raggiungerlo e pregarlo di non abbandonarla. Inutilmente. Il ritratto resta incompleto, la mano sinistra condannata all’abbozzo.
Nella ricercata perfezione dell’insieme, dove forme e volumi sono levigati fino alla più sottile compiutezza, una macchia indefinita, imperfetta, come è imperfetta la vita.

 

0 commenti su “Tamara, addio!”

  1. Ha lasciato in abbozzo proprio la mano su cui avrebbe dovuto spiccare una luccicante fede nunziale. Sofferenza o vendetta di donna?

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