Terra Vs Veganicus

Lo so, i vegani ce l’hanno a morte con le solanaceae – ché la solanina è velenosa, è una droga psicoattiva, dà acidità di stomaco ed è filoamericana – ma a me i pomodori piacciono, anzichenò. Non dite agli estremisti delle crudités che me li figuro provenire da Veganicus, ameno pianeta di un altro universo; né che sto per includere i gioiosi globi rossi non solo tra i cibi, ma addirittura tra gli ingredienti di una ricetta! D’accordo?
Ebbene: prendete otto pomodori ben maturi grandi come un pugno e tagliateli a metà, lungo il girovita, per intenderci. Svuotateli dei semi con un cucchiaino, cospargeteli con un velo di sale e metteteli a cuccia a testa in giù su un piatto capiente, in modo da eliminare il liquido in eccesso.
Ora, in una ciotolona ingorda scaricate, grattugiati per benino, una sessantina di grammi di pane e mezz’etto di parmigiano, una spolverata di prezzemolo (se proprio non potete evitarlo, va bene anche quello surgelato), uno spicchio d’aglio tritato con amore – ché la simpatia è robetta – un pizzico di sale e uno di pepe (cassabile, quest’ultimo, alla bisogna).
Innaffiate il secco monticello così ricavato con abbondante olio d’oliva e mischiate il tutto con l’aiuto di una forchetta valorosa. Quando l’amalgama sarà denso e corposo, mettete in atto l’operazione-gittata: con il cucchiaino scavatore, riempite fino all’orlo i vani de-semizzati dei mezzi pomodori raddrizzati (se ve lo state chiedendo, la risposta è sì, adoro la lettera zeta). Terminata l’immaltata, accendete il forno a 180° e lasciatelo brontolare per qualche minuto. Nel frattempo, posizionate le bolse zattere vegetali su una pirofila – vestita con la migliore carta da forno su piazza – e irroratele con l’ultimo filo d’olio rimasto nella latta. Infine, date a Cesare quel che gli appartiene (e di nuovo sì, il mio forno si chiama Cesare. Per un vezzo finto-creativo, io battezzo ogni elettrodomestico. Qualcosa da eccepire?).
Una ventina di minuti di bollente abbraccio dovrebbe bastare, per vedere le testoline dei pomodori farsi abbronzate e croccanti. A doratura compiuta, estraete il vostro capolavoro e disponetelo sul piatto da portata grande, quello ereditato dalla nonna, possibilmente, che ha sempre il suo perché. Eccovi di fronte a un ottimo contorno, o a un piatto unico per signorine alla soglia della prova costume.
Ultimo consiglio: tenete a portata di mano un paio di carote. Serviranno a tenere impegnati i denti dell’invitato vegano e a risparmiare a voi infinite dissertazioni sulla solanina assassina, ché il tempo delle piaghe d’Egitto ha sforato i supplementari da mo’.

 

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