“E così questi occhi hanno visto
l’inconcepibile
dovendolo capire.
L’impensabile
dovendolo ricordare”.
E invece, a noi, almeno tocca di leggere, ancora e ancora, di farci aprire il cuore in due dalle storie dei nostri fratelli e sorelle. Leggere e far leggere, e imparare a memoria – le poesie sono bellissime – farci incidere nella carne ognuna di queste storie.
Altrimenti non saremo mai esseri umani, se non conosciamo il male senza fine di cui noi esseri umani siamo capaci.
Ho sempre desiderato essere ebrea – per condividere. Di più, più a fondo. Per avere riscatto.
Sono i racconti di sopravvissuti, tornati vivi dallo sterminio. Ognuno con la sua unica storia, con furia, con disperazione, con commozione incontenibile, con le loro “verità non dicibile”. Anna Segre e Gloria Pavoncello li hanno raccolti, se ne sono fatte bruciare, e con pazienza e rispetto ce li riportano. Coraggio per parlare, coraggio per ascoltare. Sono pagine bellissime, alte, semplici, eterne.
Anna Segre, anche il coraggio di farne poesie. Incise nelle pietre.
“Alcuni si buttavano da soli,
altri cadevano portandosi dietro
i compagni più vicini.
Duecento uomini sfracellati al giorno”.
Poesie rudi, semplici, dure. Impariamole a memoria: è così che vive la poesia.
Nel ricordo di Samuele Modiano ci sono queste parole: “I nazisti erano preparatissimi, provavano piacere a uccidere, li vedevi uccidere uno e provare piacere”… e persone così l’umanità continua a produrne, in culture, fedi politiche o religiose che rendono sacro l’assassinio, che educano al male. Penso a Daesh, certo. Ma penso agli abissi delle menti umane, non pazze, non delinquenti, ma mostruose, normali, inserite in un mondo che approva. Il mostro che potrebbe covare in ognuno di noi.
“Racconto, sì, quello che ho visto,
quello che ho subito:
è la loro vergogna, non la mia
è il loro debito con l’umanità”.
Potrei continuare a scrivere di questo libro per giorni e giorni, è ricco, intenso, la morte con la vita, la vita con la morte. Ma ora siete voi che dovete continuare a leggerlo. Per essere degni.
Leggetelo tutto, dalla prefazione di Leone Paserman fino agli ultimi documenti storici, al congedo, e fino ai ringraziamenti. Non lasciatevene scappare una riga, una lettera.
JUDENRAMPE, Gli ultimi testimoni. A cura di Anna Segre e Gloria Pavoncello. Prefazione di Leone Paserman. Editore Elliot.
Dal marzo del ’42 al maggio del ’44 i treni dei deportati arrivavano a una banchina ferroviaria situata a circa 800 metri all’esterno del campo di Auschwitz II-Birkenau, nei pressi dello scalo merci della stazione di Os´wie¸cim.
Ultima fermata per almeno 800.000 deportati da tutta Europa. Era conosciuta come la rampa degli ebrei, Judenrampe.