The imitation game

Inghilterra, 1951. Alan Turing, professore di matematica, crittografo e omosessuale viene arrestato per atti osceni. Al poliziotto che lo interroga racconta la sua vicenda. Che risale alla seconda guerra mondiale, quando lui e altri cervelloni vengono reclutati dall’intelligence britannica per decifrare i codici segreti di “Enigma”, il programma escogitato dai nazisti per colpire i bersagli nemici.
Alan è quel che oggi si definirebbe un Asperger: asociale, chiuso in se stesso e nelle sue ossessioni. Inizialmente odiato dai compagni e dagli alti militari che lo hanno assunto, Turing disdegna tutte le formule classiche per decriptare i codici e, a fronte di un grosso finanziamento ottenuto dallo stesso Churchill, mette a punto una macchina mastodontica e all’apparenza inutile, che, a suo avviso, riuscirà dove la mente umana aveva fallito. La macchina, che lui chiama affettuosamente “Christopher”, è l’antenato del nostro computer. Christopher è anche il nome del giovane amico di studi, suo primo amore adolescenziale. Interessanti i flash back che ci riportano a Turing ragazzino, nel college dove è sbeffeggiato e oggetto di scherzi feroci da parte dei compagni, invidiosi dei suoi successi scolastici e indispettiti dalla sua diversità.
Ispirato alla vera storia di Alan Turing, “The imitation game” (Gran Bretagna/Usa 2014 – regia di Morten Tyldum) è un film appassionante, un omaggio al genio del grande matematico che riuscì insieme a un manipolo di colleghi a frenare la potenza bellica di Hitler e a salvare milioni di vite umane. Ma è anche e soprattutto una denuncia nei confronti dell’ottusa e benpensante società inglese per cui l’omosessualità era un reato e una malattia, da “curare” con farmaci devastanti per il fisico e la mente dell’individuo che vi era sottoposto. Il reato cadde solo nel 1967 e appena nel 2013 la regina Elisabetta volle riabilitare la figura dell’illustre scienziato.
Benedict Cumberbatch, già famoso per l’interpretazione di Sherlock Holmes nella fortunata serie televisiva, è straordinario nelle vesti di Turing: triste e dinoccolato, maldestro, eppure felice come un bambino, con i teneri occhi blu che sorridono, quando sente che la scoperta è vicina. “The imitation game”, per una volta, mette d’accordo critica e pubblico. Un ottimo film, da vedere.

 

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