Non è il film migliore dei fratelli Coen, ma è sicuramente il più lungo. Come in Fargo c’è la simpaticissima Frances McDormand, moglie dei Coen, di nuovo in divisa però da pompiere. Al posto dell’ inquietante grande statua del falegname con accettona, c’è un gigantesco pistacchio e come se non bastasse anche un’enorme bottiglia di birra. Ecco il solito motel abbandonato come un vecchio giocattolo, però dentro c’è una coppia di maniaci che compone puzzle. Ariecco la cara vecchia pompa di benzina con la cara graziosa cameriera, che serve immangiabili schifezze all’ immancabile tatuato alcolista anonimo in vena di confidenze. E infine ritroviamo l’attore protagonista sempre molto bravo e molto maschio. Questa volta non è Javier Bardem, ma Sean Penn e non indossa una parrucca a caschetto da vecchia zia assennata, ma una parrucca cotonata da vecchia pazza sciammannata e non è un killer spietato munito di pistolone ad aria compressa, ma una rock-star in pensione munito di pistolone e basta.
Talmente annoiato della vita che la comunica anche al pubblico, la rock-star (nome d’arte Cheyenne) con la lentezza di un lama tibetano, dispensa perle di insensatezza in una spettacolare villa in Irlanda, dove gioca alla pelota in una piscina vuota con la moglie che per hobby fa il pompiere. Ci sono anche un cane con la rogna; una vecchia amica che fuma aspettando che il figlio torni; la figlia della vecchia amica e un sacco di altri personaggi, che non si sa che fine faranno e sinceramente non ce ne importa un fico, anche se hanno sempre le lacrime agli occhi. A metà film finalmente succede qualcosa: muore il vecchio padre, sopravvissuto ad Auschwitz per ritrovarsi un figlio che si impiastriccia gli occhi con il kajal.
Alla ricerca dell’aguzzino nazista di suo padre Cheyenne attraversa l’America, trascinandosi a fatica a causa della sciatica. E qui incontra un’altra infinita serie di tipi strani (che non si sa che fine faranno e sinceramente non ce ne importa un fico), fra cui David Byrne a un bellissimo concerto di David Byrne; un metaforico pellerossa in borghese; un bufalo ruminante; la vedova del nazista, ex professoressa di storia negazionista, che beve un litro e mezzo di latte mentre Sean Penn e un’oca di nome Emily la spiano; Harry Dean Stanton, che sembra rimasto seduto lì da “Paris, Texas” di Wim Wenders, che gli racconta quando ha inventato le rotelle delle valigie a rotelle; la nipote del nazista a cui regala una piscinetta, perchè vi nuoti felice insieme al suo bimbo ciccione e chi più ne ha più ne metta.
Ovviamente trova il nazista che si è nascosto in una grande roulotte fra i ghiacci e per umiliarlo come lui fece con il padre, lo fa uscire nudo, tremolante e rugosissimo nella neve, mentre lui sgomma lontano e anche noi. I Coen sembrano aver perso completamente il loro caustico humour ebraico, anche se si parla molto di ebrei e Auschwitz sembra un po’ un pretesto. Non basta la road per fare the movie.
P. S. Mi dicono che il film è di Sorrentino! Però non capisco perché non abbia fatto un film di Sorrentino.