Poesia d’Amore
Alla fine, qualcosa ci farà
allontanare. Vorrei sperare in qualche grande
circostanza – la morte o un cataclisma.
Ma potrebbe anche non essere per niente così.
Potrebbe essere che tu esca
un mattino dopo aver fatto l’amore
per comprare le sigarette, e per non tornare più,
o che io m’innamori di un altro.
Potrebbe essere un lento abbandono all’indifferenza.
Ad ogni modo, dovremo imparare
a sopportare il peso dell’eventualità
che qualcosa ci farà allontanare.
Allora perché non cominciare adesso, mentre la tua testa
riposa come una luna perfetta nel mio grembo
e i cani guaiscono sulla spiaggia?
Perché non strappare il cielo
di questa notte indiana, solo un po’,
così che inizi la caduta? Poiché dopo, incontrandoci
per le strade, dovremo guardare
dall’altra parte, dopo aver gettato
i frammenti negletti del nostro essere insieme
nei cassetti della camera da letto, quando l’odore
dei nostri corpi sta svanendo come la dolce
marcescenza dei gigli – allora come lo chiameremo,
quando non sarà più amore?
“Poesia d’Amore” di Tishani Doshi letta da Anna Toscano
Tishani Doshi ha sperimentato e attraversato diverse forme di espressione artistica, la sua poesia riassume, come in condensazione, molti linguaggi provenienti da altre arti. È una poesia in cui entrano molti odori, sapori, paesaggi inusuali a un lettore occidentale, animali e persone; questa poesia è la mappatura del poeta che scruta alla tangibilità dell’esistenza non per trovare risposte a domande, motivazioni a misteri, ma per descrivere la realtà e riuscire a continuare a vivere con essa. Nel descrivere la realtà vissuta Doshi non trascura quegli anfratti del quotidiano faticosi e dolorosi, e quasi li rende sopportabili dando loro il suono di un canto, il movimento di una danza. Compaiono spesso fiori a restituire sensazioni “… avrò almeno questo / il luminoso soffocamento dei fiori, / il peso delle ore del giorno”. Una poesia salvifica, versi che danno una ragione per sopravvivere a “…il buco / nell’universo, / causato dall’emissione / del tuo dolore…”, consapevole che è il desiderio “che ci fa girare”, un desiderio dalle mille forme e sfumature come i “modi che ha la pioggia / per cadere / lenta / incessante / gentile / scrosciando / melanconica / calda”. Ciò che un domani finirà, assomiglierà alla “dolce marcescenza dei gigli”, quella quasi corporea nostalgia che porta ai nostri sensi odori e sensazioni appartenuti ad altri luoghi e ad altri momenti.
Tishani Doshi, Dolce marcescenza, 2015, Paramankeni Press, traduzione di Carlo Pizzati