Tommy

 

Chiamatele rock opera, chiamateli concept album, questo vinile è comunque una primizia assoluta, per gli anni sessanta.

Grazie al genio di un autore come Pete Townshend i famigerati Who, spauracchio di ogni coppia genitoriale terrorizzata dal demone albionico corruttore dei propri docili rampolli italici, cambiano marcia al rock e affrontano i territori della composizione più complessa e articolata.

A metà del 1969 in tutti negozi di dischi campeggia questa copertina disegnata da Mike Mc Innerney, artista londinese di valore.

Dovete sapere che McInnerney era un seguace del guru indiano Meher Baba e che, al tempo, l’artista si premurò di trasmettere il suo verbo proprio a Pete Townshwend, leader degli Who. Il quale se ne ricordò al momento del bisogno, cioè quando era urgente un’idea per la copertina di “Tommy”.

“Life is an illusion within an illusion” era uno degli aforismi per niente banali del guru indiano, e non si può certo negare che Mc Innerney abbia dato forma e colore in modo perfetto a questa massima, utilizzandola come idea guida per il lavoro commissionato. La sfera azzurra, traforata a losanghe, sulle quale appaiono colombe e nuvole in un effetto tra Magritte ed Escher ma che diventano al tempo stesso la prigione nella quale si intravvedono i volti dei componenti la band, rende in modo artisticamente esemplare il concetto di Meher Baba, ma anche e soprattutto il filo narrativo della rock opera: la storia di un ragazzo, Tommy, reso cieco, muto e sordo da uno choc infantile.

Tommy, divenuto adolescente, riuscirà a rompere l’incantesimo divenendo, guarda caso, una specie di santone capace di radunare folle immense e speranzose di guarigione da tutti i mali della vita, fallendo però il suo scopo. Le masse gli si rivoltano contro come sempre accade ai messia ma la sua liberazione individuale è ormai irreversibile, celebrata dalle note immortali di “See me, feel me”, inno generazionale sacralizzato sul palcoscenico-altare di Woodstock nell’anno del Signore 1969, mese di agosto.

Tre mesi prima era uscito in tutto il mondo il 33 giri, che avrebbe segnato l’ingresso degli Who nell’Olimpo dei grandi autori rock di tutti i tempi. Pete Townshend scrisse infatti per questo disco una lunghissima serie di canzoni memorabili, da songwriter fuoriclasse.

Piace ricordare che fu proprio lui a convocare negli anni settanta in Inghilterra il nostro Lucio Battisti, del quale aveva intuito l’inimitabile talento compositivo.Purtroppo Lucio sapeva male l’inglese e lo pronunciava peggio; scoglio insuperabile per il mercato europeo e britannico in particolare. Peccato.

 

 

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