-Tre palline di crema e un te’ freddo, grazie.
Mamma sorride. Fa caldo, caldissimo, ma ha un golfino di cotone sulle spalle e un vestito di seta grigia. Le sorrido anch’io, non so che dirle. E poi perche’ dirle qualcosa? Non sente, ed ha sguardi di farfalla che si posano raramente.
-Stai bene?- dico cosi’per dire. Lei sorride e mi mostra la lingua: vuole il gelato, credo
-Adesso arriva. No, non ti alzare, ti portano la crema. Non ti alzare-
La rimetto seduta. Buona, come faceva con me. “Buona!” E buona stavo.
Ma lei no, chissa’ che le naviga per la testa, dove vuole andare, quale fantasma deve incontrare. La gente guarda questa piccola lotta di donne e sedie. “Siamo sulla stessa barca miei cari”, penso”se non vi e’ gia’ capitato vi capitera’”. Vi capiteranno gli sguardi di farfalla e un corpo amato con dentro qualcosa che non si conosce e riconosce.
Mamma si siede e vorrebbe mangiare il gelato con due dita.
-Il cucchiaino, guarda, così- ma lei non vuole. E’ gia’ tutta appiccicosa. Le pulisco le mani. L’ammazzerei.
-Te lo do’ io- la imbocco cattiva, e gli occhi le si riempiono di lacrime. E’ subito gelato al veleno, mentre dovrebbe essere sempre una festa, il gelato. Quando mi portava al mare, dopo il riposino del pomeriggio, si andava a prendere il gelato. Lei prendeva una coppetta con tre palline di crema, io un cono al cioccolato, che mi avvolgeva le mani. Lei mi puliva, ma sorrideva:”guarda come ti sei conciata…”
Era allegra, allora, in vacanza,con tutta quella vita che le si rotolava davanti, con papa’ che l’amava sulle lenzuola fresche, gli amici, i giochi di carte, le spalle abbronzate, gli sguardi degli uomini, le forme del corpo, i colori dei vestiti, la lunga linea nera sugli occhi e il rossetto arancio.
Chi c’e’ qui dentro?
-Su’ mamma, te lo do’ io il gelato- le faccio una carezza e lei sorride di nuovo
Mamma? Mia madre ballava sola quando nessuno la vedeva. E parlava, spiegava, diceva delle cose. Chiunque ci sia qui dentro, o sta in silenzio o bercia o mugola. Ma e’ il corpo che ti frega. Anche se si disarticola e casca, e pende, e’ un corpo che ha echi di amore. Dov’e’, mamma, l’amore di quando mi facevi l’occhietto mentre entravo a scuola? O di quando capivi che mi piaceva qualcuno. O di quando dall’altare mi sono girata verso di te “Lo faccio? Davvero?”. O di quando alla decima ora di travaglio ti tirai fuori un nipote di due chili appena?
Quand’e’ successo che te ne sei andata e mi hai lasciato questa buccia? Eri profumata e ora mai, mai. T’ammazzerei. Non sai chi sono, e nemmeno io so chi sei. Ma queste mani, queste mani che mi hanno
fatto e disfatto…Le facevi volare, ti accompagnavano i pensieri come un arrangiamento musicale. Ora te le tieni in grembo mute. Concerto finito.
Quando se n’e’ andato papa’, (in una notte, discreto e pulito), mi hai detto che non volevi piu’ vivere. Deve essere stato allora che hai cominciato a tagliare i fili, come si fa con quelli del tombolo, quando il ricamo e’ completato.
Nessuno ha pensato a me? Voi genitori passate dal risparmiarci ogni dolore a distribuircene con gli interessi. Lo faro’ anch’io, e’ probabile, con quell’uomo che per me e’sempre di due chili appena. Per lui ogni tanto ritorni, gli fai volare le dite sulle guance, fermi i tuoi occhi nei suoi. Per me sei sempre vuota, invece. Che ho fatto, mamma? T’ammazzerei.
Evaporata.
-Finisci il gelato- ma lei si e’ gia’ alzata
-Aspetta che pago- e lei si ferma. Il cameriere arriva. Non guardarla cosi’, caro mio: loro se ne vanno e dopo la rabbia c’e’ il dolore. Ora la riporto a casa, la varo verso Luz, che la fa e la disfa come mamma con me ed io non so. Hanno un loro codice segreto, Luz le parla e attraversa i vapori di questa testa, se c’e’ una testa, e si fa capire. Io non so. Non so nemmeno farla camminare, perche’ non sopporto che cammini cosi’ curva.
-Stai piu’ dritta, mamma- le dico, e lei chissa’ su che strada sta camminando, in quale citta’, con chi, in quale universo. Si ferma, si appoggia al muro.
-che c’e’, stai male? Mamma, stai male?- poi vedo una pozzetta sotto al suo vestito grigio, sul marciapiede. Luz avrebbe saputo quando mia madre doveva fare pipi’. Io non so. Io l’ammazzerei. Non ci guardate, non ci guardate, vi tocchera’.
-Luz, bisogna pulirla…- E la piccola donna senza collo si porta via mia madre o quel che e’, le parla sottovoce, ridono. La cosa ride forse della sua pipi’ o forse di me che me ne sono vergognata. Come a dire:”Ti tocchera’…”