TRE PIANI – UNA STRONCATURA

Tutti ne parlano, molti ne scrivono: critiche negative e positive anche se le prime sono assai più numerose. E’ con questo stato d’animo che i ritardatari per scelta sono andati a vedere l’ultimo film di Moretti: il primo che ha una sceneggiatura non sua. Ispirato al romanzo dell’israeliano Eshkol Nevo (Neri Pozza – 2015), “Tre piani” è un excursus disturbante e angoscioso nella psiche umana e il racconto dei rapporti tra e all’interno di tre gruppi familiari. Non c’è traccia di amore, tanto meno di pietas tra queste persone che vivono in un palazzo nella Roma bene del quartiere Prati. Dora (Margherita Buy) e Vittorio (Nanni Moretti) sono una coppia di mezz’età, entrambi giudici, anche se lei concentra le sue attenzioni sul figlio Andrea (Alessandro Sperduti). Sara (Elena Lietti) e Lucio (Riccardo Scamarcio) hanno una figlia di 7 anni, Francesca. Infine Monica (Alba Rohrwacher) e il marito Giorgio (Adriano Giannini) sempre all’estero per lavoro. Ed è proprio con Monica, in preda alle doglie, che si apre il film: una scena di violenza incredibile con lei sola in strada piegata in due dal dolore e una macchina fuori controllo che sbanda, investe una passante e si schianta sul muro dello stabile. Sarà proprio quella scheggia impazzita che profana la quiete della sera e penetra all’interno della casa a creare una serie di eventi imprevedibili e luttuosi. L’un contro l’altra armate, le coppie si sfaldano, i figli si rivoltano contro i padri e i padri contro i figli: le donne, tutte deboli e indeterminate, gli uomini campioni di egoismo; nessuno è sfiorato dal dubbio di essere nel torto, tutti ubriachi di vendetta e risentimento. A farne le spese i più piccoli, anzi le più piccole: Francesca e la bimba di Monica, cresciuta solo dalla madre. La dilatazione temporale – la vicenda si allarga per 10 anni, con uno step dopo 5 – non fa che rendere più laceranti i conflitti. Di Moretti si diceva un tempo” O ti piace o non ti piace“, ma anche per chi l’ha sempre apprezzato come la sottoscritta, la visione di questo film è stata una sofferenza. Nessuna ironia o autoironia (Nanni è se stesso solo nello sguardo, recitazione zero). La Rohrwacher che poteva essere una figura tragica nella sua solitudine, non riesce a uscire dal suo stereotipo. Scamarcio, oltre a essere odioso e ottuso nella parte, ha lo sguardo di uno che vuole fare l’attore impegnato. Sperduti, nel ruolo di Andrea, ragazzo sbandato, non è credibile nella sua rabbia incontrollata e la sua tardiva resipiscenza suona falsa. L’unica a salvarsi è la Buy, che alla fine, lei sì, troverà una forma di riscatto e riconciliazione con la propria coscienza e con il mondo. Belle le figure di secondo piano, Anna Bonaiuto nella parte della vicina e suo marito Renato (Paolo Graziosi) malato di Alzheimer oltre alle bambine, molto più mature degli adulti. Splendida la scenografia di Valentina Taviani, ovazioni al Festival di Cannes: ma non basta per fare di “Tre Piani” un film riuscito.
Tre piani – di Nanni Moretti – Italia 2021

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