Un’azzurra lontananza con pallide nuvole all’orizzonte: questo è il cielo oggi a Trieste. Già ieri la bora ha dato il suo primo assaggio – il borino, come qui lo chiamano – e una lieve pioggia notturna ha decisamente rinfrescato l’aria, rendendola tesa e tersa. La mia passeggiata quotidiana mi porta al Molo Audace, dove posso abbracciare con lo sguardo il Golfo di Trieste. Seguo la linea della costa, da Barcola fino al Castello di Miramare, per perdermi nell’alto mare aperto. Proseguo verso Cavana, fino a qualche anno fa una zona in soporoso abbandono, oggi cuore pulsante della “movida” triestina (non amo questo termine, ma tant’è). Un luogo che un tempo era fra i più malfamati: bordelli e bettole del malaffare popolavano queste strade, frequentate da marinai pluritatuati e delinquenti. Arrivo in piazza Hortis (che non è quello delle ultime lettere ) e una ragazza dai capelli corvini e splendidi occhi cobalto mi guarda, sorride e inizia a parlare. Purtroppo, non è attratta dal fascino della mia passata gioventù: è la cameriera di un locale, vuole solo sapere se intendo ordinare qualcosa. Qualche rodoletto di mortadella e un calice di prosecco mi tentano, ma data l’ora mattutina mi accontento del solito caffè. Sorseggio la mia bevanda attratto dai suoni che mi circondano. Al tavolo di fronte, due ragazzi discutono animatamente in sloveno. Alla mia destra, sento parlare in friulano, una lingua a me nota quanto incomprensibile. A sinistra due signori di mezza età conversano in un gergo completamente sconosciuto. Non è greco, non penso che sia albanese, il mio cervello pesca a vuoto fra gli idiomi allocati nella memoria. Che siano Cici, figli della Ciceria, un popolo tanto leggendario quanto invisibile, che pure esiste da queste parti ? Non conosco l’istro-romeno, non saprei riconoscere la parlata ćiribirci. Rabbuiato per questa inadeguatezza linguistica la mia mente si rasserena di colpo: una bella famigliola tedesca programma la propria giornata, mappa alla mano, davanti a delle vistose bionde birre. Alle mie spalle due ragazze chiacchierano con la morbida e avvolgente cadenza triestina. Cinque tavoli, cinque popoli diversi: dove altro sarebbe possibile se non qui ? Chiunque voi siate, sempre benvenuti a Trieste, porta girevole tra le culture !
Civiltà aperta Lingue Pluralismo
Complimenti una prosa agile come la stessa passeggiata fra culture e mondi umani che vorremmo afferrare e ci sfuggono. Il sentirsi poi invisibili e delusi x il non apprezzamento della passata gioventù è da me spesso vissuto.