Trincea in ospedale

Prima guerra mondiale, 1918, un campo di battaglia zeppo di cadaveri,  ammucchiati l’uno sull’altro. Qualche sopravvissuto fruga nelle tasche dei soldati morti, in cerca di qualche spicciolo, di qualche pezzo di pane. Nella landa desolata una mano tremante si leva dal groviglio di corpi: “grazie a chesta manu, sugno salvo”, dirà poi il soldato sulla camionetta che trascina i feriti. Destinazione l’ospedale militare in Friuli, dove vengono ammassati i giovani feriti. I Crucchi sono poco distanti e la possibilità – molto probabile – di tornare in trincea, semina il terrore in corsia. Ad assistere i pazienti, due medici, molto amici e molto diversi tra loro: Stefano, integerrimo e severo, che vorrebbe rimandare al fronte anche gli storpi, Giulio, molto più empatico nei confronti dei feriti, che nella sua stanza segreta, aiuta addirittura a peggiorare le loro piaghe, iniettando virus che rendono le loro condizioni ancora più critiche, ma che li aiuterà a tornare a casa. Tra i due, si insinua Anna, che ha studiato medicina con loro ma che, nonostante le sue doti, non ha potuto portare a termine la laurea perché donna. Entrambi i medici sono attratti da lei, che per dare una mano si è riciclata come infermiera, e lei prova qualcosa per entrambi. La guerra pur se vicina, è lontana dall’ospedale: il campo di battaglia è tra quelle mura, i gemiti, le urla di dolore, i dialetti variegati sono la cacofonia continua che ottunde l’udito, il sangue il colore più vivo, anche se scorre ormai secco tra ferite mortali. Ad aggravare la situazione, poco dopo, arriva una strana malattia, molto contagiosa, che colpisce soprattutto i giovani e sulla quale c’è un gran riserbo tra le autorità militari. I colpiti dal virus vengono ammassati in sotterranei segreti, a crepare per lo più. La malattia che provoca polmoniti acute è la cosiddetta “Spagnola” che provocherà decine di milioni di decessi al mondo (Mia nonna Costanza, morì nel ’19 a causa del morbo, mio padre Giulio aveva poco più di un anno all’epoca, NdR).
Gianni Amelio torna sullo schermo con un film pungente come una lama, dove la disperazione e la tragedia della Guerra, sono tangibili e, come sappiamo, ripetibili e attuali ai giorni nostri. Anche il virus, le mascherine sul viso di medici, infermieri e pazienti ci riportano ai tempi del Covid. Bravissimi, intensi e caparbi nelle loro diverse nature, i due medici; Giulio nella interpretazione di Alessandro Borghi e Gabriel Montesi in quella di Stefano; notevole anche la recitazione intensa di Federica Rosellini.
Amelio è sempre lui, denso e irripetibile come in tutti i suoi film, dal lontano “Porte Aperte” del ’91 al recente “Signore delle Formiche” del ‘2022 https://www.larivistaintelligente.it/il-signore-delle-formiche-il-caso-braibanti/costanza-firrao/.

Campo di battaglia – di Gianni Amelio – 2024 

2 commenti su “Trincea in ospedale”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto