Tutti cattivi?

Beh, sì, ma anche no. A mio immodesto avviso e secondo la mia esperienza.
Da giovane ho patito molto una forma speciale di sopraffazione maschile. A noi ragazze della generazione ribelle, specialmente se un po’ carine e un po’ intellettuali, artiste, femministe, viaggiatrici, impegnate o solo eccentriche, gli uomini svolazzavano intorno come falene, attratti e stuzzicati dal nuovo modello in costruzione di donna moderna libera e indipendente (che a ben guardare non era neppure nuovo, ma certo non era mai stato così popolare).
Conquistare simili donne rappresentava una sfida particolarmente golosa per alcuni dei maschi più evoluti, che, in buona o cattiva fede, volevano misurarsi in un pubblico cimento con un “avversario” alla loro presunta altezza. per poi raccogliere gli allori. Se non che ben presto si rendevano conto di aver fatto il passo più lungo della gamba e battevano precipitosamente in ritirata. In genere cercando di smaterializzarsi (ghosting) oppure – quando si degnavano – accampando ogni sorta di penose e contraddittorie giustificazioni, spie di un grave stato confusionale: a me un amante riottoso rinfacciò addirittura di avere “una mente maschile”!
Anche al di fuori delle relazioni sentimentali di norma vigeva una competitività feroce. Per esempio, ricordo l’ira repressa che usciva in sbuffi di fumo dalle orecchie dei miei colleghi maschi brillanti studenti di filosofia quando nella stessa sessione di esame, nella stessa mattinata, con lo stesso anziano professore, io, unica tra loro, mi portavo a casa un trenta e lode.
Però. Quei professori che mi stimavano erano maschi, maschi erano anche alcuni dei miei amici più cari e fedeli, che tali sono rimasti per tutta la vita (mentre le delusioni più cocenti e le fregature peggiori, ahimè, mi sono arrivate da alcune amiche del cuore), malgrado il fatto che per lo più anche loro erano stati forgiati non solo dai padri ma, quel che è peggio, dalle madri – cherchez la femme! – a volte con zelo entusiastico, a volte per passiva sottomissione – sul modello della supremazia maschile. Ma di uomini leali e profondamente gentili ne ho incontrati diversi anche lungo il mio accidentato percorso lavorativo e qualcuno – Udite! Udite! – persino nell’agone amoroso.
A questo punto voglio spezzare una lancia a favore dei pochi valorosi che, muovendosi a zigzag in un terreno così fittamente minato da pregiudizi e retaggi e invidiosi, perfidi o stupidi consiglieri, sono riusciti – pant! pant! – a raggiungere il traguardo che si erano prefissati: creare un rapporto col mondo femminile fondato non solo e non tanto sul rispetto, quanto sul conferimento di valore, di pari valore.
Ciò significa per il nostro uomo dover/voler riconoscere, valorizzare e dare voce alla propria cosiddetta parte femminile – qualunque cosa sia – e al tempo stesso, pur all’interno di una coppia in regime di reciprocità, mantenere sempre una sana distanza di sicurezza, altrimenti sai che barba, che asfissia? Nonché vigilare sempre per non cedere a due opposte tentazioni, entrambe tossiche e dure a morire: quella della fusione con la donna e quella della sua fagocitazione.
Non è un gioco da ragazzi, ma a quanto pare, tra molte cadute, incazzature, litigi, musi, riconciliazioni ed effusioni di amore, c’è chi ci riesce. Gli uomini sono tutti uguali?
Beh, sì, ma anche no.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto