Prima ancora dei valori plastici, dell’intuizione spaziale e dell’ispirazione all’antichità classica, l’umanesimo nasce all’arte con la scoperta del sentimento individuale.
Quando Nicola Pisano, intorno al 1260, scolpisce la predella della Natività per il pulpito del Duomo di Pisa, sbalza dal fondo le figure e dona loro la concretezza di un corpo, ma ripete un vecchio schema iconografico bizantino. Maria è una regina, distesa come una matrona romana, e, accanto a lei, la culla con il bambino è disposta parallela.
La solennità della scena contrasta con la vivacità degli altri episodi che si affastellano nel riquadro: l’annunciazione, la lavanda e il gregge con i pastori.
Suo figlio, Giovanni, alcuni anni più tardi, scolpisce per il pulpito del Duomo di Siena il medesimo soggetto. C’è una variazione nella composizione, marginale in apparenza, eppure è la rivoluzione.
Giovanni Pisano capovolge il verso della culla: ora Maria e il bambino possono guardarsi, come si guardano nella realtà una madre e suo figlio. In questo muto colloquio possiamo immaginare la più vasta gamma dei sentimenti.
Le figure pensano, sentono, respirano: la Natività celebra così la nascita dell’Uomo, e dell’Occidente.