Il rito della spesa settimanale al supermercato di fiducia, o quello che presenta le offerte migliori, accomuna tante famiglie italiane e si può annoverare tra le routine di cui è impossibile fare a meno (ricordo ancora il periodo della pandemia e le lunghe fila solo per poter acquistare il minimo indispensabile e le mascherine, i guanti, il gel per le mani, caspita che stress). Solitamente ci rechiamo nello stesso luogo perché gentilezza e cortesia sono di casa lì e noi ci sentiamo “in famiglia” anche quando la cifra spesa supera di gran lunga le nostre aspettative.
Il supermercato è anche un luogo di incontro e di nuove conoscenze ed è proprio all’ingresso che, da anni, quasi come una “magnifica presenza” ha trovato la sua comfort zone, se così si può definire, un giovane ragazzo di colore, dolce e simpatico alla ricerca di “qualcosa”. Tra noi è scattata subito una scintilla particolare, una sorta di empatia inspiegabile e, per questo motivo, gli pongo in dono quello di cui necessita (in genere una bottiglia di salsa, ahah, si vede che ha imparato a cucinare all’italiana)
Lo chiameremo Samuel e penso abbia circa 27 anni, proviene dal Senegal e come tanti è giunto qui in Italia in cerca di approdo, di un porto sicuro. Samuel non parla molto di sé, perché timido e poco invadente e solitamente il nostro breve colloquio si esaurisce in una sola domanda e risposta.
Non credo conosca il significato di cattiveria, odio, malvagità, in quanto i suoi stupendi occhi marroni trasudano di dolcezza e candore, ma purtroppo, credo che, siano in tanti coloro i quali ostentano aggressività e supponenza nei suoi riguardi per il semplice motivo che si tratta di uno straniero, un immigrato.
Gran brutta cosa la lingua, quando risulta più tagliente di una spada, gran brutta cosa il razzismo, quella sorta di supremazia che alcuni ostentano nei confronti del diverso. Samuel potrebbe essere mio figlio o mio nipote, e possiede un’educazione capace di disarmare chiunque e non capisco il perché debba essere vittima di pregiudizi.
Quando si esce dal supermercato con le buste pesanti è sempre lì desideroso di dare una mano, offrendosi di trasportare i sacchetti sino all’auto, un modo il suo per sdebitarsi. Una volta gli ho chiesto qualcosa in più della sua famiglia ma ha solo detto che era stato nel suo paese per il funerale del padre e che aveva faticato a ritornare. Non gli ho chiesto i dettagli per una forma di pudore, anche perché notando una certa sofferenza nel raccontare non ho voluto insistere.
Accoglienza, inclusione, garbo, delicatezza: a volte si dimentica di farne uso, perché abituati a fare di tutta l’erba un fascio, a generalizzare, a considerare l’altro un nemico, una persona desiderosa di usurpare il nostro quieto vivere; invece non è affatto così e fermarsi a riflettere, ogni tanto, sarebbe cosa buona e giusta.
Ogni persona ha il diritto di andare alla ricerca di una vita migliore, ogni persona porta con sé un fardello di cui non siamo a conoscenza e pertanto non possiamo permetterci di giudicare, soprattutto, quando ci ritroviamo di fronte ad un essere che non farebbe male ad una mosca.
Così è Samuel, un amico conosciuto tra gli scaffali del supermercato e che in un periodo di mia assenza per problemi personali, ha chiesto a mio marito cosa mi fosse successo. Quando, dopo tanto tempo, mi ha rivista mi ha sorriso e mi ha abbracciato commosso ed io che ho la lacrima facile, ho pianto con lui.
E’ bello andare al supermercato, perché ti dà la possibilità di incontrare tanta bella gente che con un semplice sorriso può allietarti la giornata.
