Un gentiluomo a Mosca

Mosca 1922: all’indomani della Rivoluzione d’Ottobre, gran parte della nobiltà russa è stata eliminata o è fuggita in paesi più ospitali. Al Conte Aleksandr Il’ic Rostov è capitata una strana condanna: internato a vita, senza la possibilità di uscirne pena la morte, nel lussuoso Grand Hotel Metropol. Aleksandr, pur essendo abituato al lusso e ai privilegi della sua classe, si adatta con sorprendente velocità al suo nuovo status. Rintanato in una stanza fatiscente nel sottotetto, riesce a rendere l’ambiente più confortevole spostando alcuni mobili e suppellettili dalla suite in cui risiedeva. L’aspetto del Conte, nonostante la mancanza di bagni e attrezzi per la cura personale, è sempre impeccabile e, pur sorvegliato, può godere di un tavolo imbandito nell’affollata sala da pranzo dell’Hotel. Bruno, i capelli ricci, la figura elegante, riesce ad aggirare le asprezze della “prigionia” dedicandosi alla lettura e stringendo amicizia con il personale di servizio: un variegato gruppo di persone dall’animo gentile e dai modi discreti.
I giorni passano, gli anni, scanditi da una routine cui il Conte si aggrappa per mantenere intatti il suo stato fisico (ginnastica, piegamenti) e il suo umore, sempre aperto agli altri, rispettoso nei confronti di tutti. La comparsa di Nina, una ragazzina sveglia e curiosa, figlia di un pezzo grosso dell’albergo, rende le sue giornate più movimentate. La bambina gli fa compagnia ai pasti e va su da lui, lasciandosi incantare dai suoi racconti di principi e principesse, per lei un mondo di favola, per lui il passato che non c’è più. Altro personaggio che cambierà le sue prospettive è Anna Urbanova, una conturbante attrice, inizialmente osannata anche dal regime. I due intraprendono una strana relazione, lei sempre un po’ sbrigativa e umorale, lui innamorato perso. Gli anni scorrono all’interno della prigione dorata, cambiano i direttori, le spie aumentano, ogni tanto qualcuno scompare e Nina viene trasferita per i suoi studi. Il legame tra Aleksandr e il personale si fa sempre più stretto e il Conte diventa uno di loro: esperto di vini e di gourmet consiglia i facoltosi ospiti. Un ritorno inatteso dopo tanto tempo, cambia nuovamente l’esistenza di Aleksandr, dandogli nuove responsabilità e nuovi affetti. L’ambiente, la sagoma maestosa, le stanze infinite dell’Hotel, i suoi dedali sotterranei e gli sconfinamenti segreti sui tetti, sono il mondo di Aleksandr e anche quello di noi spettatori, che passiamo indenni da una dittatura all’altra (il film si conclude con la morte di Stalin nel ’53). La figura quasi chapliniana del Conte, la sua tenerezza, gli occhi umidi e brillanti che sembrano inglobare tutto l’amore e la disperazione del mondo, ti acchiappano e non ti mollano. C’è poca analisi storica nella serie ma quella di vita vissuta basta e avanza. Straordinario nella parte, Ewan McGregor, bravissima la sua (vera) compagna Mary Elizabeth Winstead. Tratto dal romanzo di Amor Towles, “A Gentleman in Moscow” (8 episodi su Paramount), è un prodotto affascinante, in cui l’anelito alla libertà e alla dignità non si affievolisce mai, nemmeno nelle situazioni più disperate.

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