Giravamo per Londra dal mattino presto, ci eravamo già persi e ritrovati tra Hyde Park, la Tate e il British Museum. Bryony, la nostra amica inglese, si avviò verso Soho a farci ancora da guida: «Vi porto in un pub, il più antico di Londra».
Non ricordo come fu. Se ce lo disse lei o se fu una lapide. Forse, semplicemente, vidi l’indirizzo e alzai lo sguardo verso una finestra ancora chiusa. E scomparvero i ragazzi a vociare sul marciapiede con un boccale di birra in mano, scomparvero le mille voci in mille lingue diverse, pure la metropolitana sembrò fermarsi. Smise la primavera, per far di nuovo posto a un inverno gelato.
Eravamo sotto la casa di Sylvia Plath, quella dove morì l’11 febbraio 1963.
La campana di vetro, l’ultimo romanzo di Sylvia Plath