Un ospitale day hospital

Il corridoio è lungo una sessantina di metri e comincia da un salottino azzurro e grigio con divanetti arancio non nuovi, pile di riviste e giornali invecchiati, ficus agli angoli e orchidee bianche sui davanzali delle finestre. Sul lato sinistro, cinque studi professionali e altrettante stanze intervallate da divanetti e qualche orologio a muro; sul lato destro servizi, segreteria, fotocopiatrici, archivi con porte o aperte o sempre chiuse. In fondo la luce di un ampio salone celeste con poltrone rivestite di stoffa dello stesso colore, distributori di the e caffè, cestini con dolcetti (per il dopo-prelievi).

Si deve aspettare di essere chiamati dal professionista assegnato; molti preferiscono stare in corridoio, la schiena appoggiata alla parete, in silenzio. La procedura prevede di far sedere entro la mattinata i pazienti nel salone celeste su una delle poltrone accessoriate per il terapeutico rituale. Se l’obiettivo non viene raggiunto entro l’ora del pranzo, una incaricata chiede se ci sono preferenze rispetto al menu del giorno, che si consuma su un tavolinetto celeste.

A seconda della durata del protocollo (che può essere anche di mesi) i “fortunati”, quasi al termine del loro iter vincente o perdente, possono stare da soli in una delle cinque stanze sopra dette, a cui far accedere anche amici o familiari.

Se le pratiche previste durano più di una giornata lavorativa, undici piani più su c’è una foresteria che permette all’ospite di riposare e ripresentarsi lì il mattino successivo.

Alla fine a tutti viene consegnato gratuitamente il “cestino” con il necessario per la terapia domiciliare: accade in un piccolo Day Hospital oncologico di una cittadina della provincia veneta.

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