Un transatlantico mi portò gli zii d’America

Eravamo partiti la sera prima con la 1100/103 blu, per raggiungere il porto di Napoli prima delle 9 del mattino. In tempo per vedere la sagoma dell’ Andrea Doria che stava completando il suo viaggio da New York, cominciato 16 giorni prima.
Maestosa, bella ed elegante era l’ammiraglia della nostra Marina Mercantile. Mio padre non li vedeva da 40 anni, si sentiva sicuro di riuscire a riconoscerli, ma si era portata una grande foto recente.
Dopo che furono calate le scale potemmo salire a bordo. Avevamo un foglio con qualche timbro che aveva l’aspetto di un permesso per raggiungere la cabina; babbo, che lo aveva ritirato da un signore vicino al parcheggio, lo presentava con sotto un pacchetto di sigarette ( di rinforzo…): così quel pezzo di carta aveva acquistato poteri taumaturgici. Vidi i miei primi zii d’America! Che giornata. Avevo 12 anni e arrivavo da un paese di provincia dopo un viaggio con mio padre per una missione familiare importante. Da terra era tutto uno sventolio di fazzoletti per attrarre l’attenzione o solo per salutare con gioia il nuovo mondo in arrivo.
Nei giorni successivi, in paese, partecipai ad un continuo via-vai di visite e consegne di regali. Non mi muovevo più da casa dei nonni, dove gli zii erano ospiti e dove era stato realizzato un nuovo bagno tutto specchi e luci per zia Felicetta. C’era anche un mangiare di riguardo e frutta fresca portata ogni mattina dal contadino.
Tante valigie ed un baule-armadio che era così bello, così pieno di cassettini che ci avrei passato ore chiuso la dentro a curiosare.
Per consegnare il regalo alla nonna fu organizzato un evento, con pasticcini di mandorla, rosolio e vermut, per almeno 35 amici/parenti. Così, davanti a tutti, nonna Filomena poté, con enfasi, mostrare che “l’apparecchio acustico Philips made in USA” funzionava davvero.
Era grande quanto un grosso smartphone di adesso, ma non erano le dimensioni a preoccuparla: ora che l’aveva non c’erano più scuse, ci sentiva e lo sapeva tutto il paese! Ma non si arrese e col tempo imparò un altro trucco. Se il discorso non le andava a genio prendeva “la macchinetta” la sbatteva un po’ e sospirava al cielo: sti pile se scarican subbt.
Nella notte tra Il 25 e 26 luglio del 1956, l’Andrea Doria, nel viaggio di ritorno verso New York, fu speronata, per la fitta nebbia, dalla nave svedese Stockholm e sparì, dopo un’agonia quasi umana, nel profondissimo Atlantico. Il Comandante Calamai passò tutta la vita a difendere il corretto comportamento dell’equipaggio e suo in quella tragedia.
La prima cosa che disse zia Felicetta quando si riprese dalla terribile notizia appresa dal giornale radio del mattino fu: “povera dentiera mia in fondo al mare. Me l’ero fatta apposta pe venì all’Italia, ma l’avevo scordata nella toilette della sala da pranzo ed il Comandante aveva detto al telefono che la trovavo al nostro ritorno proprio dove l’avevo lasciata”.

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